Il contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di immobili è nullo solo nel caso in cui questi siano realizzati in totale difformità rispetto al titolo abilitativo. È quanto ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza del 18 luglio 2022, n. 22516.
I giudici, infatti, hanno affermato che è necessario distinguere tra:
Come evidenziato poi dalla Corte di Cassazione, sez. II, n.4527 dell’11/02/2022, la nullità colpisce anche il contratto che abbia ad oggetto la costruzione di un immobile totalmente privo di titolo edilizio (ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c.).
Del pari, stante l’indubbio carattere di norme imperative – in quanto poste a tutela di beni di carattere primario quali il paesaggio e l’ambiente – delle norme dettate dal D.Lgs 42/2004, un contratto d’appalto, nella parte in cui con esso venga pattuita l’effettuazione delle opere di riduzione della superficie di bosco in assenza della necessaria autorizzazione amministrativa, è affetto da nullità parziale per illiceità dell’oggetto (Tribunale Savona sez. I, 26/01/2021, n.60).
Diverso è, invece, il caso di titolo abilitativo rilasciato dopo la stipula del contratto e persino dopo l’inizio dei lavori. Per la giurisprudenza questa fattispecie non è causa di nullità del contratto, a condizione che il titolo sia stato ottenuto prima della ultimazione dei lavori (Cassazione civile sez. VI, 07/05/2019, n.11883, Tribunale Potenza sez. I, 05/11/2021, n.1232).
Come visto in tutti i casi richiamati si configura, quindi, una violazione di norme imperative in materia urbanistica, con la conseguenza che tale nullità, una volta verificatasi, impedisce sin dall’origine al contratto di produrre effetti e ne impedisce anche la convalida ai sensi dell’art. 1423 c.c., con la conseguenza che l’appaltatore non può pretendere, il corrispettivo dovuto ovvero l’indennizzo per il recesso del committente. Naturalmente, il verificarsi di una simile situazione, non potrà che essere accertata attraverso un procedimento giudiziario dove verranno valutate eventuali corresponsabilità e valutate anche le richieste di risarcimento danni.
La giurisprudenza ha più volte chiarito come, al riguardo non rilevano, gli stati soggettivi delle parti, come la ignoranza del mancato rilascio del titolo edilizio, che non potrebbe ritenersi scusabile per la loro grave colpa, ben potendo i contraenti, con l’ordinaria diligenza, avere conoscenza della reale situazione, incombendo anche sul costruttore l’obbligo giuridico del rispetto della normativa urbanistica (Cassazione civile sez. II, 28/06/2019 n.17555).
A tal proposito preme ricordare che l’art. 29 D.P.R. 380/2001, ai fini della responsabilità amministrativa degli abusi edilizi, individua:
Al riguardo, la giurisprudenza ha affermato che: “L’art. 29 t.u.e. (…) prevede un meccanismo di responsabilità concorrente del titolare del permesso di costruire, del committente e anche del costruttore e del direttore dei lavori, per quanto concerne la conformità delle opere a quelle del permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo; sicché la presenza del direttore dei lavori non può certo valere ad elidere, in alcun modo, gli obblighi gravanti sulle altre figure qualificate previste dal citato art. 29 e, tra queste, l’amministratore della società costruttrice” (Cassazione penale sent. n. 43153/2017).
Fonte: ANCE