Il provvedimento, che entra in vigore oggi, 30 giugno 2022, reca talune misure di interesse per il settore dei lavori pubblici, di seguito riportate.
I commi in questione stabiliscono che l’articolo 106, comma 1, lettera c), numero 1), del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, si interpreta nel senso che tra le circostanze indicate al primo periodo (ossia le circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore, che possano dar luogo a modifiche o varianti dei contratti di appalto in corso di validità, senza dover procedere ad una nuova procedura di affidamento) siano incluse anche quelle impreviste ed imprevedibili che alterano in maniera significativa il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell’opera.
Si prevede che, in tali casi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la stazione appaltante o l’aggiudicatario possano proporre, senza che sia alterata la natura generale del contratto e ferma restando la piena funzionalità dell’opera, una variante in corso d’opera che assicuri risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare esclusivamente in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi dei materiali.
La previsione in questione modifica all’articolo 48 del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, introducendovi il nuovo comma 7-bis, secondo cui gli oneri di pubblicazione e pubblicità legale di cui all’articolo 216, comma 11, del codice dei contratti pubblici, sostenuti dalle centrali di committenza in attuazione di quanto previsto dall’art. 48, possono essere posti a carico delle risorse disponibili a legislazione vigente ovvero delle risorse previste per l’attuazione degli interventi del PNRR (di cui all’articolo 10, comma 5, del medesimo decreto n. 77/2021).
La previsione in commento stabilisce l’integrale esclusione, dall’ambito di applicazione della disciplina dettata dal D.lgs. n. 50 del 2016, degli appalti pubblici e dei concorsi di progettazione nei settori ordinari e delle concessioni principalmente finalizzati a permettere alle amministrazioni aggiudicatrici la messa a disposizione o la gestione di reti pubbliche di telecomunicazioni o la prestazione al pubblico di uno o più servizi di comunicazioni elettroniche.
Si tratta degli ambiti già esclusi dall’art. 15 del codice medesimo, articolo esplicitamente richiamato dalla disposizione in questione. La lettera c-bis) prevede che non trovino applicazione provvedimenti, contratti o altri atti incompatibili con la suddetta esclusione.
L’articolo 35 modifica il comma 7-bis, dell’art. 6 del decreto legge n. 76 del 2020, relativo ai compensi dei componenti dei collegi consultivi tecnici, sostituendolo integralmente.
Si ricorda che il comma in questione prevede che i compensi dei componenti del collegio consultivo tecnico non possano superare determinate sulla base di percentuali sul valore dell’appalto. Il nuovo testo del comma 7-bis è il seguente:
“7-bis. In ogni caso, i compensi dei componenti del collegio consultivo tecnico, determinati ai sensi del comma 7, non possono complessivamente superare con riferimento all’intero collegio:
1) l’importo pari allo 0,5 per cento del valore dell’appalto, per gli appalti di valore non superiore a 50 milioni di euro;
2) l’importo pari allo 0,25 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 50 milioni di euro e fino a 100 milioni di euro;
3) l’importo pari allo 0,15 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 100 milioni di euro e fino a 200 milioni di euro;
4) l’importo pari allo 0,10 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 200 milioni di euro e fino a 500 milioni di euro;
5) l’importo pari allo 0,07 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 500 milioni di euro;
2) l’importo pari allo 0,4 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 50 milioni di euro e fino a 100 milioni di euro;
3) l’importo pari allo 0,25 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 100 milioni di euro e fino a 200 milioni di euro;
4) l’importo pari allo 0,15 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 200 milioni di euro e fino a 500 milioni di euro;
5) l’importo pari allo 0,10 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 500 milioni di euro.”
Per quanto di interesse, in sede di conversione, hanno trovato, poi, conferma talune previsioni già contenute nel testo del decreto legge n. 36/2022 (su cui, cfr. News Ance n. 215349 del 2 maggio 2022), che per maggiore facilità di lettura si riportano di seguito.
Tale articolo, inter alia, introduce, all’articolo 95, comma 13, del Codice, tra i criteri premiali che le amministrazioni aggiudicatrici possono prevedere, ai fini dell’attribuzione del punteggio dell’offerta tecnica, “l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso di certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198”.
Ciò, sempre compatibilmente con il diritto dell’Unione europea e con i princìpi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.
Tale articolo chiarisce che le procedure “derogatorie” previste dall’articolo 48 del decreto n. 77/2021 – convertito dalla legge 29 luglio 2021, n. 108 – in materia di procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, si applicano anche in caso di suddivisione in lotti funzionali.
Tale disposizione, al comma 2, prevede, nell’ambito del PNRR, che, in caso di interventi di importo non superiore alla soglia comunitaria su beni di proprietà delle diocesi e degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, i medesimi enti proprietari possono essere individuati quali soggetti attuatori esterni