Negli appalti pubblici, se lo scopo dell’avvalimento è esclusivamente quello di conseguire (non sussistendo alcuna concreta necessità dell’incremento delle risorse) una migliore valutazione dell’offerta, i requisiti messi a disposizione dall’ausiliaria non possono essere computati nel punteggio dell’offerta.
Lo specifica il Consiglio di Stato con una sentenza in cui affronta la praticabilità dell’avvalimento “premiale”, ossia quello sottoscritto ai soli fini del riconoscimento di un punteggio maggiore nella valutazione dell’offerta tecnica (Sez. V, 25 marzo 2021, n. 2526).
Attualmente la disciplina di riferimento dell’avvalimento è contenuta nell’art. 89 del Codice dei Contratti (d.lgs. n. 50 del 2016), il quale si occupa dell’utilizzabilità di tale istituto nella fase di selezione delle offerte.
In particolare, nel suddetto articolo (Sezione II del Capo III “Svolgimento delle procedure per i settori ordinari”) si prevede al comma 1 che l’operatore economico possa “… soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’articolo 83, comma 1, lettere b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara… avvalendosi delle capacità di altri soggetti …”.
La concreta funzione dell’avvalimento è quella di dotare un operatore economico (che ne fosse privo) dei requisiti economico-finanziari, delle risorse professionali e dei mezzi tecnici “necessari per partecipare ad una procedura di gara”.
Un iniziale orientamento muoveva dalla considerazione secondo cui ciò che è oggetto del contratto di avvalimento entra a fare organicamente parte della complessiva offerta presentata dalla concorrente e quindi non può essere esclusa la possibilità che l’avvalimento valga in concreto non solo a supplire alla mancanza di requisiti di partecipazione, ma anche a far ottenere punteggi addizionali (cfr. CGARS, sez. I, 15 aprile 2016, n. 109).
Diversamente, con il tempo è cresciuto un orientamento, come sottolineato dal Consiglio di Stato, “apparentemente” preclusivo all’avvalimento premiale, per cui lo stesso è un istituto utilizzabile esclusivamente per accedere alla gara, non anche per conseguire un punteggio più elevato per l’offerta tecnica (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. V, 17 marzo 2020, n. 1916; Cons. Stato, Sez. V, 27 luglio 2020, n. 4785).
Secondo tale orientamento, l’avvalimento non può quindi tramutarsi in uno strumento volto a conseguire una più elevata valutazione dell’offerta, perché se fosse utilizzato per accrescere i titoli valutabili dalla stazione appaltante si vanificherebbe la concorrenza favorendo «l’artificiosa prevalenza, tra essi, di imprese che non sono davvero in possesso dei caratteri preferenziali richiesti dalla lex specialis» (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2020, n. 1881, che richiama id., sez V, 22 dicembre 2016, n. 5419).
Ne consegue che, i titoli di cui l’ausiliaria è portatrice possono concorrere alla formazione del punteggio solo ove soddisfino requisiti economici, tecnici od operativi di cui l’avvalente è sprovvisto (cfr. sempre Cons. St. sent. n. 1881/2020 cit., in cui si estende tale ragionamento ai cd. raggruppamenti “sovrabbondanti”, suscettibili di un utilizzo distorto che ne trasformi l’effetto da pro-concorrenziale a limitativo della concorrenza, riferiti ad imprese in grado di partecipare autonomamente che decidono di raggrupparsi in mercati che di per sé non presentino un grande numero di operatori).
Conclusivamente, tale orientamento, evidenzia – a fronte di un pericoloso e potenziale scostamento tra ratio ed effetto reale dell’istituto – il compito della stazione appaltante di tutelare l’effettività di una legislazione che “favorisce” la concorrenza.
Secondo il Consiglio di Stato, la contrapposizione tra i suddetti orientamenti è solo apparente, perché nelle gare affidate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante deve distinguere l’avvalimento “puro” da quello (meramente) “premiale”, il cui scopo trasfigura la logica concorrenziale di tale istituto, piuttosto che implementarla.
Occorre quindi differenziare due possibili esiti a seconda che, nel caso concreto, l’operatore economico ausiliato ricorra all’avvalimento:
Nel primo caso è evidente che i termini dell’offerta negoziale devono poter essere valutati ed apprezzati dalla stazione appaltante, con l’attribuzione dei relativi punteggi in funzione anche dei requisiti prestati, nella prospettiva di una loro effettiva messa a disposizione all’esito dell’aggiudicazione e dell’affidamento del contratto.
Nel secondo caso, invece, la preclusione all’utilizzo dell’avvalimento è correlata al suo abuso, che lo trasforma, di fatto, in un mero escamotage per incrementare il punteggio ad una offerta, cui nulla ha concretamente da aggiungere l’ausiliaria.
In quest’ultimo caso, secondo il Consiglio di Stato, deve ritenersi precluso che il concorrente si avvantaggi, rispetto agli altri, delle esperienze pregresse dell’ausiliaria, ovvero di titoli o di attributi spettanti a quest’ultima che, in quanto tali, non qualifichino operativamente ed integrativamente il tenore dell’offerta e non siano, perciò, oggetto di una prospettica e specifica attività esecutiva.
In caso contrario, si negherebbe la stessa ratio pro-concorrenziale dell’istituto e si finirebbe per contraddire il canone di par condicio dei concorrenti, per i quali non sussistono, sul piano generale, preclusioni di sorta alla possibilità di indicare, nell’offerta, beni prodotti da altre imprese ovvero mezzi, personale e risorse, la cui disponibilità fosse acquisita in forza di contratti di subappalto o di subfornitura o di qualunque altro tipo di contratto idoneo.
Se così è, conclude il Consiglio di Stato, non è esatto l’assunto, che dà corpo alla tesi nel caso specifico sposata dall’appellante, per cui l’avvalimento rilevi ai soli ai fini della qualificazione e non anche (alle suddette condizioni) per la valutazione dell’offerta, come accaduto nel caso affrontato con la sentenza in esame.
· Consiglio di Stato, sez. V, 25 marzo 2021, n. 2526
Fonte: Ance