Con delibera del 26 ottobre 2020, ANAC ha dato risposta alle richieste di chiarimento poste da una stazione appaltante circa l’effettiva portata dell’articolo 2, comma 4 del Decreto Semplificazioni[1], che, come noto disciplina, fino al 31 dicembre 2021, gli affidamenti sopra la soglia comunitaria.
Al riguardo, si ricorda che tale norma, individuati una serie di settori “strategici” per l’economia (dall’edilizia scolastica, sanitaria, passando per il settore delle infrastrutture per ricerca, sicurezza pubblica eccetera), prevede che le stazioni appaltanti, per l’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, e per l’esecuzione dei relativi contratti, operano in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salve:
Tale disposizione, secondo l’amministrazione richiedente, pone non pochi problemi interpretativi, con particolare riferimento all’individuazione delle disposizioni che non costituirebbero espressione di vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea e che, quindi, sarebbero oggetto di disapplicazione a opera delle stazioni appaltanti.
In tal caso, infatti, il timore della stazione appaltanti è di trovarsi di fronte a «vuoti normativi…in conseguenza della disapplicazione delle norme che non trovano diretto riscontro nella normativa dell’Unione europea».
Pertanto, viene richiesto se suddetta deroga debba ritenersi (o meno) obbligatoria per la stazione appaltante, con conseguente richiesta su quali disposizioni, oggettivamente, potrebbero essere disapplicate.
Infine, laddove si ritenesse obbligatoria, in tutto o in parte, la disapplicazione della normativa interna che non trovi riscontro in quella dell’Unione europea, si chiede se saranno aggiornati, e con quali tempi, gli schemi di disciplinare di gara, predisposti da ANAC per le diverse tipologie di affidamento.
La risposta dell’ANAC
Con riferimento alla prima questione, ANAC ha dato risposta negativa, precisando quanto segue.
In primo luogo, occorre fare riferimento al rinvio operato dalla norma alle “altre” disposizioni dello stesso art. 2. Ciò, infatti, consente di ritenere che, per gli interventi previsti nei settori c.d. “strategici”, le stazioni appaltanti possono ricorrere, ai fini dell’affidamento, sia alle procedure ordinarie di cui al comma 2 dell’articolo 4, sia alla procedura negoziata senza bando di cui al comma 3, nei casi di estrema urgenza ivi indicati, sia, infine, al regime di deroga contemplato nel citato comma 4.
Quanto all’effettiva portata di tale regime derogatorio, ANAC evidenzia in primo luogo che il campo di applicazione della deroga contenuta nel comma 4 dell’art. 2, riguarda tutti gli appalti relativi alle opere pubbliche ivi elencate laddove si ricada nei casi di cui al comma 3, ossia ragioni di estrema urgenza derivanti dall’emergenza sanitaria in corso.
Si osserva altresì che le stazioni appaltanti non sono obbligate a procedere unicamente mediante la procedura negoziata di cui al precedente comma 3.
Infatti, lo stesso comma 4 impone, in ogni caso, il rispetto degli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie in materia di appalti (dir. 2014/24/UE e 2014/25/UE), con la conseguenza le stazioni appaltanti che opereranno nei c.d. “settori strategici” saranno tenute ad applicarle già a partire dalla scelta della procedura.
Ed è proprio l’art. 26 della direttiva 24/2014/Ue – in materia di scelta della procedura – a contenere un rinvio alla normativa nazionale, disponendo che “nell’aggiudicazione di appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici applicano le procedure nazionali adattate in modo da essere conformi alla presente direttiva”.
Tale rimando, secondo ANAC, determina una reviviscenza delle disposizioni della legge nazionale, con la conseguenza che, in assenza di concreti motivi, le stazioni appaltanti non potranno ricorrere unicamente alla procedura negoziata senza bando.
Pertanto, quello che si ricava alla luce di una interpretazione sistematica delle disposizioni del comma 4 è che, per quanto attiene alla fase della scelta della procedura, non si verte, in effetti, in un regime di deroga.
Diversamente, per quanto riguarda la fase esecutiva sembra permanere l’ampia deregolamentazione della normativa nazionale, fatte salve le previste eccezioni in materia di normativa comunitaria, antimafia, subappalto, principi generali e norme in materia di sostenibilità ambientale e di conflitto di interessi.
In conclusione, le disposizioni dell’art. 2, comma 4 del decreto “Semplificazioni”, devono, secondo ANAC, essere lette in combinato disposto con le previsioni dei commi 2 e 3 della stessa norma, consentendo quindi alle stazioni appaltanti, per l’affidamento degli appalti nei settori ivi indicati, di procedere alternativamente:
L’ANAC ha poi evidenziato la difficoltà di individuare la corretta disciplina applicabile in caso di ricorso alle deroghe. Ciò in quanto alcuni vincoli introdotti nel codice non sono rinvenibili nelle direttive comunitarie, con il conseguente rischio di un pericoloso vuoto di disciplina.
A titolo di esempio, vengono citate le cause di esclusione previste dall’articolo 80 del Codice, il sistema di qualificazione degli operatori economici per i lavori di importi superiori a 150mila euro, oppure, ancora, la materia della risoluzione del contratto di cui all’art. 108 del Codice, che, diversamente da quanto previsto dalla dall’art. 73 della Direttiva Sugli appalti Pubblici (2014/24/UE) – che ha fornito indicazioni generali allo Stato Membro- ha puntualmente articolato le ipotesi di risoluzione cui le stazioni appaltanti devono attenersi.
A tali difficoltà, secondo l’ANAC, potrebbe ovviarsi con una attenta redazione dei documenti di gara che “consenta di includere espressamene nella lex specialis il contenuto di tutte quelle disposizioni derogate che dovessero, invece, ritenersi necessarie alla migliore speditezza del procedimento di aggiudicazione e della esecuzione del contratto”.
Trattasi, ad ogni evidenza, di attività “istruttorie” aggiuntive che dovrebbe svolgere il RUP, con conseguente lievitazione degli oneri per le stazioni appaltanti sin dalla fase della redazione della documentazione di gara. Ciò in contrasto con le esigenze di velocizzazione e snellimento procedurale che è alla base dell’intervento del legislatore. Proprio per questo, ANAC aveva chiesto l’eliminazione di questa norma con il documento del 3 agosto, di commento al Dl 76/2020.
ANAC ha altresì suggerito che, in ogni caso, le stazioni appaltanti, pur avvalendosi della deroga, non dovrebbero omettere l’applicazione della disciplina delle seguenti materie:
In ogni caso, nella legge di gara, il RUP dovrà richiamare esplicitamente le norme codicistiche che intende applicare al procedimento.
Infine, ANAC sottolinea che quanto espresso non costituisce interpretazione autentica della norma servendo unicamente ad indirizzare l’operato delle stazioni appaltanti.
Quanto infine, alla richiesta di disciplinari di gara tipo, ANAC sottolinea che la mancata adozione ad oggi sia del regolamento unico di cui all’art. 216, comma 27 octies, del d.lgs. 50/2016 sia del decreto interministeriale di cui all’art. 44 del d.lgs. 50/20016 (in materia di digitalizzazione) e la mutevole disciplina primaria rendono particolarmente ardua la predisposizione del nuovo bando tipo e/o la revisione di quelli già esistenti in quanto impone un monitoraggio ed esame continuo dei sopravvenuti provvedimenti normativi e non consente che si formino quelle best practices che un bando tipo deve recepire e “presentare” al mercato.
[1] del Decreto 16 luglio 2020, n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” (entrato in vigore 17 luglio u.s.) convertito con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120, (Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n.228 del 14- 09-2020 – Suppl. Ordinario n. 33, la legge è entrata in vigore il 15 settembre u.s.)