Recentemente il problema era stato affrontato dal Tribunale Amministrativo per il Lazio con una sentenza in cui si era chiarito che la richiesta di soccorso istruttorio sarebbe dovuta arrivare via PEC e non tramite la piattaforma telematica relativa al bando di gara. Secondo il TAR Inserire la richiesta di soccorso all’interno dell’area comunicazioni del portale telematico della gara “non garantisce alcuna certezza in ordine al fatto che il concorrente ne abbia effettivamente e tempestivamente preso visione, in funzione del riscontro da fornire nel termine perentorio di dieci giorni“. Il D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti) non disciplina una specifica forma di comunicazione del soccorso istruttorio. Questo, però, non vuol dire che la stazione appaltante può utilizzare qualsiasi forma di comunicazione.
Questa volta è il Consiglio di Stato a tornare ad occuparsi di soccorso istruttorio con la sentenza n. 6852/2020 che analizza il ricorso di una società esclusa da un bando di gara per mancata ottemperanza a quanto richiesto dalla stazione appaltante in seduta di gara.
Una società ha preso parte all’affidamento di alcuni lavori di ripristino post-incidente stradale. La società è stata esclusa dal bando di gara dall’amministrazione comunale perché non ha ottemperato alla richiesta di soccorso istruttorio, ossia di fornire la copia del documento del legale rappresentante. Per la società, però, l’amministrazione violava i principi di trasparenza, pubblicità, buon andamento dell’azione amministrativa ed eccesso di potere per manifesta illogicità e irragionevolezza. Il Tar si era pronunciato in favore dell’amministrazione comunale.
È stato lo stesso rappresentate legale della società a confermare la sua presenza alla seduta di gara. Proprio lì la commissione aveva informato della mancanza di alcuni documenti e tra questi anche il documento di riconoscimento. Per il rappresentante legale si tratta di una comunicazione generica e non ufficiale. I giudici, però, la pensano diversamente. È sufficiente leggere il verbale della giornata per rendersi conto che c’è stata una comunicazione e una richiesta di “soccorso istruttorio”, tanto che la società è stata ammessa con riserva. Tale comunicazione, si legge nella sentenza, di per sé insufficiente “ma comunque utile a completare il quadro informativo da parte della stazione appaltante vi è stata ed il verbale ne fa fede”.
La società ha chiesto di essere riammessa al bando di gara perché dice di aver ricevuto tardivamente la richiesta di soccorso istruttorio all’interno della piattaforma telematica dedicata. Non solo. Perché, per ragioni tecniche, non era possibile produrre e inserire alcuni documenti mancanti Ma, dicono i giudici, “l’inserimento nella piattaforma telematica di eventuali carenze della documentazione di gara di un concorrente non è prevista come strumento di trasmissione alla stazione appaltante di tale documentazione, ma ha un ruolo essenziale di informare il concorrente delle mancanze in questione e costituisce, e nella specie ha costituito, ulteriore comunicazione del fatto che la domanda andava integrata”. Quindi, dice il Consiglio di Stato, la società è stata avvisata nel corso della seduta pubblica e successivamente grazie alla piattaforma telematica, dei difetti della propria domanda, “ottenendo il rispetto massimo di quella pubblicità che strettamente correlata alla trasparenza delle procedure di gara ed in conseguenza del principio di massima concorrenza”.
Secondo la società, però, la comunicazione per il soccorso istruttorio è avvenuta via posta elettronica tradizionale e non via Pec. Per i giudici, però, il ricorso su questo punto non ha senso. Non sussiste un obbligo normativo di comunicazione di soccorso istruttorio tramite pec, “e nemmeno che tale obbligo sia desumibile dai principi che regolano la materia – scrive il Consiglio di Stato – visto che i partecipanti ad una gara pubblica sono operatori professionali per i quali il sistema di gestione di una gara in un’apposita area dedicata con piattaforma apposita appare del tutto adeguato”. Nel caso analizzato, il soccorso istruttorio seguiva la seduta pubblica e quindi l’implementazione della piattaforma telematica di gara, “per cui la necessità della pec appariva realmente come un formalismo”.
Non vale nemmeno il ricorso sul poco tempo lasciato a disposizione per intervenire e sanare le richieste del soccorso istruttorio. Per la società, a fronte dei dieci giorni previsti, sono stati dati solo 5 giorni, con in mezzo anche sabato e domenica. Ma bisogna precisare: il soccorso istruttorio prevedeva l’invio della copia del documento di riconoscimento del legale rappresentante della società. Dice il Consiglio di Stato: “Il termine massimo stabilito dal decreto legislativo numero 50 del 2016 (codice degli appalti) consta di dieci giorni ed in tale lasso di tempo massimo devono essere soddisfatte tutte le carenze riscontrate nella documentazione amministrativa della domanda di partecipazione ad una gara”. Ma qui la carenza rilevata, come detto, era la mancanza di un documento di riconoscimento. “I termini che vengono assegnati per le dovute dichiarazioni devono essere sostanzialmente calibrati alle necessità di integrare quanto mancante e a queste devono essere proporzionati – si legge nella sentenza – La produzione di copia di un documento di identità del rappresentante legale e le mere dichiarazioni negative sono atti del tutto privi di complessità, in quanto si tratta di formare copia di un documento già in possesso dell’interessato e di formulare una o più semplici dichiarazioni dal contenuto ragionevolmente minimo. E’ evidente che le operazioni richieste erano facilmente eseguibili in uno spazio temporale del tutto ristretto e che correttamente il giudice di primo grado non ha riscontrato alcuna illogicità o violazione di legge”. Ecco perché l’appello è stato respinto.