Con il messaggio n. 3871 del 23 ottobre 2020, l’INPS fornisce indicazioni operative per il conguaglio delle somme anticipate dai datori di lavoro in attuazione delle disposizioni dell’art. 26 del D.L. n. 18/20, convertito con modificazioni dalla legge n. 27/20 (c.d. Decreto Cura Italia).[1]
Tali indicazioni riguardano il trattamento economico erogato ai lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia a carico dell’INPS (in base al settore aziendale e alla qualifica del dipendente), limitatamente all’importo anticipato per conto dell’Istituto.
In via preliminare, l’INPS ricorda il quadro normativo disciplinato dal citato art. 26[2]:
Per ciascuna delle tre fattispecie di cui sopra, è richiesto un apposito certificato medico:
Con il messaggio qui illustrato, l’INPS indica le modalità con cui il datore di lavoro può venire a conoscenza, nel rispetto della normativa in materia di privacy, della causale del certificato medico fornito dal lavoratore.
Infatti, le certificazioni trasmesse all’Istituto dai medici curanti (nelle consuete modalità telematiche), una volta ritenute ammissibili a seguito della validazione medico legale della struttura territoriale competente e di eventuali ulteriori approfondimenti istruttori, andranno ad alimentare apposite tabelle di scambio con le quali saranno fornite le informazioni necessarie alla procedura dei flussi contributivi, per le successive richieste di conguaglio da parte delle aziende.
Le informazioni contenute nelle suddette “tabelle di scambio” (codice fiscale lavoratore, PUC del certificato medico, tutela riconosciuta, periodo dell’evento, codice evento da utilizzare, codice conguaglio da utilizzare) saranno messe a disposizione dall’INPS nel Cassetto previdenziale per aziende e intermediari; inoltre, saranno inviate una PEC all’azienda, contenente le medesime informazioni presenti nel Cassetto, e una email di notifica agli intermediari.
Laddove risulti sussistente il diritto dei lavoratori, il datore di lavoro potrà conguagliare gli importi anticipati a titolo di “quarantena”, nella misura massima dell’importo equivalente rispettivamente all’indennità di malattia (per i casi di cui al comma 1) o all’indennità di degenza ospedaliera (per i casi di cui al comma 2).
Peraltro, considerato l’obbligo per l’INPS di monitorare il rispetto del limite massimo di spesa stabilito dallo stesso art. 26, in questa prima fase è possibile recuperare a conguaglio gli eventi di “quarantena” (a carico dell’Istituto) la cui prognosi si sia conclusa entro il 30 settembre 2020. Con ulteriore messaggio, l’Istituto fornirà istruzioni per la gestione del periodo successivo a tale data.
Per quanto riguarda la compilazione del flusso Uniemens, sono stati introdotti i seguenti codici evento, riferiti ai lavoratori dipendenti del settore privato:
Per le istruzioni di dettaglio, si rinvia al messaggio INPS allegato (paragrafo 3.1).
In presenza di certificato medico non riconosciuto come afferente a uno degli eventi di cui sopra, il relativo importo eventualmente posto a conguaglio sarà ritenuto indebito.
Infine, nel caso in cui l’importo anticipato fosse stato già recuperato a conguaglio dal datore di lavoro come indennità di malattia, sono previste apposite istruzioni operative per la restituzione e la sistemazione del relativo evento nel flusso Uniemens (cfr. paragrafo 3.2 del messaggio INPS allegato).
[2] Art. 26 Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato
1. Il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all’articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, dai lavoratori dipendenti del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto.
2. Fino al 15 ottobre 2020 per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, il periodo di assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero ed è prescritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente, sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali di cui sopra, i cui riferimenti sono riportati, per le verifiche di competenza, nel medesimo certificato. Nessuna responsabilità, neppure contabile, salvo il fatto doloso, è imputabile al medico di assistenza primaria nell’ipotesi in cui il riconoscimento dello stato invalidante dipenda da fatto illecito di terzi. E’ fatto divieto di monetizzare le ferie non fruite a causa di assenze dal servizio di cui al presente comma.
2-bis. A decorrere dal 16 ottobre e fino al 31 dicembre 2020, i lavoratori fragili di cui al comma 2 svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.
3.Per i periodi di cui al comma 1, il medico curante redige il certificato di malattia con gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all’articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19.
4.Sono considerati validi i certificati di malattia trasmessi, prima dell’entrata in vigore della presente disposizione, anche in assenza del provvedimento di cui al comma 3 da parte dell’operatore di sanità pubblica.
5.In deroga alle disposizioni vigenti, gli oneri a carico del datore di lavoro, che presenta domanda all’ente previdenziale, e dell’INPS connessi con le tutele di cui al presente articolo sono posti a carico dello Stato nel limite massimo di spesa di 663,1 milioni di euro per l’anno 2020. L’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa di cui al primo periodo del presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
6. Qualora il lavoratore si trovi in malattia accertata da COVID-19, il certificato è redatto dal medico curante nelle consuete modalità telematiche, senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica.
7. Alla copertura degli oneri previsti dal presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 126.
[3] L’attuale formulazione del comma 2 dell’art. 26 citato è stata introdotta dalla legge di conversione del c.d. Decreto Agosto (cfr. comunicazione Ance del 14 ottobre 2020).
Si riporta di seguito, per completezza, la formulazione previgente del suddetto comma 2 dell’art. 26:
“Fino al 31 luglio 2020 per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per i lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992, il periodo di assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero di cui all’articolo 87, comma 1, primo periodo, del presente decreto ed è prescritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente, sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali di cui sopra, i cui riferimenti sono riportati, per le verifiche di competenza, nel medesimo certificato. Nessuna responsabilità, neppure contabile, è imputabile al medico di assistenza primaria nell’ipotesi in cui il riconoscimento dello stato invalidante dipenda da fatto illecito di terzi.”
[4] Qualora, al momento del rilascio del certificato, il medico non disponga delle informazioni relative al provvedimento, queste dovranno essere acquisite direttamente dal lavoratore interessato presso l’operatore di sanità pubblica e comunicate successivamente all’Inps mediante i consueti canali di comunicazione (posta ordinaria o PEC). Cfr. messaggio INPS n. 2584 del 24 giugno 2020, illustrato in comunicazione Ance del 25 giugno 2020.
[5] Il medico curante è tenuto a precisare, nelle note di diagnosi, l’indicazione dettagliata della situazione clinica del paziente, in modo da far emergere chiaramente la situazione di rischio in soggetto con anamnesi personale critica. Cfr. messaggio INPS n. 2584 del 24 giugno 2020, illustrato in comunicazione Ance del 25 giugno 2020.