La sempre maggiore frequenza di eventi naturali estremi (alluvioni, esondazioni di fiumi e corsi d’acqua, siccità, ecc.) connessi ai cambiamenti climatici in corso, sta imponendo un ripensamento delle politiche di gestione del territorio e in particolare delle aree urbane, nell’ottica di garantire la resilienza dei centri abitati, riducendone al massimo i possibili rischi e le conseguenze negative.
Discipline di settore come la difesa del suolo, il contrasto al dissesto idrogeologico e la gestione del rischio di alluvioni stanno assumendo sempre maggiore rilevanza e valenza nel governo del territorio con conseguenti riflessi sugli strumenti di pianificazione territoriale (di competenza delle regioni, province e città metropolitane) e soprattutto su quelli urbanistici (di competenza dei comuni).
Questi aspetti sono regolati attualmente:
- per quanto riguarda la difesa del suolo e delle acque e la prevenzione del dissesto idrogeologico, dalla Parte III del D.lgs. 152/2006 cd. “Codice dell’ambiente”;
- per gli aspetti relativi alla gestione del rischio di alluvioni, dal D.lgs. 49/2010 (recepimento della Direttiva 2007/60/CE).
Entrambe le discipline sono:
- incardinate sulla approvazione di strumenti di pianificazione di settore quali i Piani di bacino distrettuali e i Piani di gestione del rischio di alluvioni (PGRA);
- devolute principalmente alla competenza delle Autorità di bacino distrettuali, operanti nei sette distretti idrografici in cui è suddiviso il Paese (Alpi orientali, Fiume Po, Appennino settentrionale, Appennino centrale, Appennino meridionale, Sardegna e Sicilia) ai sensi articoli 63 e 64 del D.lgs. 152/2006, come sostituiti dalla Legge 221/2015 cd. “Green economy”.
Le funzioni di indirizzo delle Autorità di bacino e di coordinamento fra le stesse sono conferite al Ministero dell’ambiente anche avvalendosi dell’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), mentre alle Regioni spettano, tra l’altro, le funzioni di gestione dei vincoli idrogeologici (rilascio dell’autorizzazione per gli interventi da eseguire nelle zone soggette a vincolo, spesso delegato a Province e/o Comuni in base all’entità delle opere) come previsto dall’art. 61, comma 5 D.lgs. 152/2006.
Autorità di bacino distrettuali
Prima di analizzare le previsioni in tema di rapporti con la pianificazione urbanistica, si evidenzia che le Autorità di bacino operano attraverso i seguenti organi:
- la Conferenza istituzionale permanente (Presidenti delle regioni e delle province autonome interessate, Ministro dell’ambiente, Ministro delle infrastrutture, Capo del Dipartimento della protezione civile, Ministro delle politiche agricole e Ministro dei beni culturali o loro delegati) che adotta gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione;
- il Segretario generale che, tra l’altro, provvede agli adempimenti necessari al funzionamento dell’Autorità di bacino e cura l’istruttoria degli atti di competenza della Conferenza istituzionale permanente;
- la Conferenza operativa, composta dai rappresentanti delle amministrazioni presenti nella Conferenza istituzionale permanente, che esprime pareri sul Piano di bacino distrettuale e i relativi stralci ed emana direttive tecniche.
Difesa del suolo e prevenzione del dissesto idrogeologico
I Piani di bacino contengono, tra l’altro, le prescrizioni e le norme d’uso per la conservazione, la difesa e la valorizzazione del suolo e delle acque e individuano le zone da assoggettare a vincoli idrogeologici.
Le prescrizioni dei Piani di bacino hanno carattere immediatamente vincolante e devono essere recepite nei piani urbanistici. In particolare l’art. 65 del D.lgs. 152/2006:
- impone alle Regioni, entro 90 giorni dalla pubblicazione del Piano di bacino sul Bollettino regionale, di emanare, ove necessario, specifiche disposizioni per l’attuazione di tali piani nel settore urbanistico;
- decorso tale termine, impone ai Comuni di adeguare i propri strumenti urbanistici;
- in caso di inerzia degli enti locali, attribuisce alle Regioni il potere di adeguare d’ufficio i piani urbanistici entro 6 mesi dall’approvazione del Piano di bacino.
In attesa dell’approvazione dei Piani di bacino, le Autorità di bacino adottano:
- misure di salvaguardia immediatamente vincolanti e aventi durata non superiore a tre anni, consistenti tra l’altro, in prescrizioni, vincoli, norme d’uso finalizzate alla conservazione del suolo e alla tutela dell’ambiente;
- piani stralcio di distretto dell’assetto idrogeologico (PAI) che individuano e perimetrano le aree a rischio idrogeologico da sottoporre a misure di salvaguardia.
Gestione del rischio di alluvioni
In base al D.lgs. 49/2010, le Autorità di bacino, al fine di valutare e gestire il rischio di alluvioni e fatti salvi i piani di bacino e gli altri strumenti già predisposti in attuazione del D.lgs. 152/2006:
- effettuano una valutazione preliminare del rischio di alluvione nell’ambito del proprio distretto idrografico e individuano le relative zone;
- predispongono mappe della pericolosità e mappe del rischio di alluvione con riferimento alle zone sopra individuate; le aree che potrebbero essere interessate da alluvioni sono classificate secondo il livello di rischio in: scarsa pericolosità (P1), media pericolosità (P2) ed elevata pericolosità (P3);
- predispongono Piani di gestione del rischio alluvioni che disciplinano tra l’altro le aree sulla base della relativa pericolosità, tenendo conto delle previsioni di uso e di sviluppo del territorio medesimo. Anche in questo caso gli enti locali devono adeguare i propri strumenti urbanistici alle prescrizioni dei Piani di gestione e trovano applicazione le norme di coordinamento dell’art. 65 del D.lgs. 152/2006 sopra descritte.