Nessuna norma può introdurre deroghe alle distanze minime stabilite dalle leggi statali. Il chiarimento è arrivato dalla Corte Costituzionale, che con la sentenza 119/2020, ha messo al riparo da dubbi una serie di pratiche per la realizzazione degli ampliamenti volumetrici del Piano Casa in Veneto.
Il panorama normativo del Piano Casa è stato recentemente scosso da un’altra pronuncia della Corte Costituzionale, che potrebbe limitare molto le potenzialità degli interventi di demolizione e ricostruzione con premio di cubatura. Il Decreto Semplificazioni, allo studio del Governo, sta però arrivando a chiudere il cerchio della questione.
Tutto è iniziato con la presentazione di una DIA per l’ampliamento e la ristrutturazione dell’edificio con le premialità previste dal Piano Casa Veneto (LR 14/2009). La DIA proponeva un ampliamento del 20% e la contestuale ristrutturazione di un manufatto condonato. L’intervento avrebbe derogato alla distanza minima di 5 metri dal confine, stabilita dalle norme tecniche operative del “Piano degli Interventi”. L’interessato sosteneva di aver agito correttamente, ritenendo che fossero inderogabili solo le distanze stabilite dalle norme statali, ma non quelle previste da strumenti urbanistici e regolamenti comunali. Tuttavia, per un cambio di orientamento nella giurisprudenza amministrativa, che aveva iniziato a considerare inderogabili anche le distanze previste dalle norme locali, il Comune aveva bloccato i lavori.
Nel frattempo, il Veneto aveva approvato la LR 30/2016, che ha interpretato la questione della distanza tra edifici stabilendo che l’inderogabilità riguarda solo le distanze stabilite dalle norme statali. Ma il Comune, fermo sulle sue posizioni ha respinto l’istanza di riesame dell’intervento. Ne è sorto un contenzioso durante il quale il Tar Veneto ha interpellato la Corte Costituzionale sulla legittimità della norma interpretativa.
I giudici hanno spiegato che la tendenza della normativa, anche a livello statale, è quella di introdurre regole meno severe sulle distanze. Il Decreto Sblocca Cantieri (DL 32/2019), infatti, per promuovere la rigenerazione urbana e ridurre il consumo di suolo, ha stabilito che le distanze minime, previste dal DM 1444/1968, si applicano solo alle zone omogenee C, destinate alle nuove edificazioni, e non a quelle parzialmente o totalmente edificate.
La Corte Costituzionale ha poi affermato che la disciplina delle distanze rientra tra le materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Le Regioni possono fissare distanze in deroga a quelle previste dalle norme statali, ma solo se la deroga persegue un interesse pubblico “ancorato all’esigenza di omogenea conformazione dell’assetto urbanistico di una determinata zona”. La deroga non può riguardare quindi le singole costruzioni, ma deve essere riferita, per ragioni di omogeneità, ad una pluralità di fabbricati.
Il Piano Casa del Veneto, contenente deroghe alle distanze fissate da una norma comunale, è stato quindi ritenuto legittimo. Questo, va precisato, “salva” gli interventi già avviati, ma bloccati per l’insorgere di contenziosi, mentre non può fare da apripista a nuovi lavori. In Veneto, infatti, il Piano Casa è scaduto a fine marzo 2019. Al suo posto è subentrata la legge “Veneto 2050”, per la riqualificazione urbana e la rinaturalizzazione del territorio.
Il Decreto Sblocca Cantieri ha alleggerito i vincoli in materia di distanze minime, ma non ha fatto altrettanto per le demolizioni e ricostruzioni. Dopo una serie di liberalizzazioni, il Decreto ha reintrodotto il requisito della “coincidenza dell’area di sedime”.
Questo passo indietro è costato una pronuncia di illegittimità a carico del Piano Casa della Puglia, che invece consente la delocalizzazione in caso di demolizione e ricostruzione con premio di cubatura. Si tratta di un cortocircuito che, molto probabilmente, sarà risolto con il DL Semplificazioni che il Governo si appresta a varare.
L’articolo 10 della bozza del DL Semplificazioni stabilisce che gli interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione, disciplinati da un piano urbanistico che preveda un programma di rigenerazione urbana, potranno essere realizzati osservando le distanze legittimamente preesistenti. Non sarà più necessario il rispetto della stessa sagoma e della stesa area di sedime. Fino all’approvazione della nuova norma, però, molte pratiche resteranno nel dubbio.