ANCE, CONFINDUSTRIA, UNIONE ARTIGIANI-CONFARTIGIANATO, UPPI E FEDERPROPRIETA’ dell’area metropolitana di Reggio Calabria hanno depositato in data odierna il ricorso legale presso il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria avverso la proposta di vincolo paesaggistico dell’ambito urbano consolidato denominato “Piano De Nava”, sito nel territorio del Comune di Reggio Calabria promossa dalla Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio (SAPAB) per la Città Metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia in data 27 febbraio 2024.
La decisione del ricorso al TAR Calabria è stata operata dalle associazioni di rappresentanza dopo una approfondita analisi e nella considerazione di una proposta di vincolo apparentemente viziata da diversi aspetti di dubbia legittimità oltreché nel merito, con precipuo riferimento alla situazione di degrado diffuso dell’area oggetto della maggiore perimetrazione operata dalla Soprintendenza attraverso la proposta di vincolo.
“L’analisi della proposta della Soprintendenza non poteva lasciare inerti i principali rappresentanti dei soggetti portatori di interessi collettivi e diffusi di riferimento, in quanto piccoli proprietari immobiliari, artigiani, operatori del settore edile ed industriale, ai sensi della propria regolamentazione e della più ampia normativa di riferimento; pur nella discrezionalità riconosciuta alla Soprintendenza, dichiara il Presidente di ANCE Reggio Calabria, arch. Michele Laganà, la scelta di vincolare un ambito urbano vasto, anche più ampio del “centro storico”, comprensivo di aree prive di pregio estetico notevole, ha destato dubbi e perplessità da valutare sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità dell’azione amministrativa ai fini del giusto bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, come anche sottolineato dalla giurisprudenza, in particolare della Corte Costituzionale. E ciò anche in considerazione dei notevoli “sacrifici” che vengono imposti agli immobili mediante la previsione di prescrizioni d’uso molto limitanti; la proposta, infatti, imponendo immediatamente una misura di salvaguardia, graverà oltremodo sulla già debole economia della città di Reggio Calabria, con gravi ricadute sull’operato delle Imprese Edili, oltre che sui Professionisti e sui risparmi dei singoli proprietari immobiliari, in quanto si vedranno notevolmente danneggiati dopo aver investito i loro sacrifici, così vanificati, con un decremento del valore immobiliare, oggi vincolato. La perimetrazione dell’area soggetta a vincolo, inoltre, prosegue Michele Laganà, risulta più ampia della zona A sia del vecchio PRG, sia del recente PSC, approvato alla fine dello scorso anno – con anche il parere favorevole della stessa Soprintendenza – in quanto è comprensiva anche di ambiti urbani di formazione relativamente recenti (Rione Santa Caterina e tessuto attorno al Viale Galileo Galilei), fra cui anche la zona portuale, ovvero riguardanti ambiti caratterizzati oltretutto da degrado diffuso, in cui il valore estetico e l’esigenza di conservazione non si rinverrebbero, mentre emergerebbe con forza la necessità di riqualificare e rigenerare il patrimonio edilizio”.
La motivazione a supporto della proposta della Soprintendenza inoltre desta ulteriori perplessità, in quanto la Soprintendenza sembra volersi sostituire al Comune, unico titolare della pianificazione urbanistica e della gestione del territorio, sulla base di una paventata e indimostrata inadeguatezza della disciplina locale sull’urbanistica e l’edilizia.
La Soprintendenza, infatti, nonostante siano intervenuti senza soluzione di continuità, rilevanti provvedimenti di pianificazione territoriale e paesaggistica sostiene, diversamente, che “Le risorse individuate sono oggi poste a rischio a causa di recenti rapide dinamiche di trasformazione del contesto urbano, di diversa natura ed entità a cui l’inadeguatezza degli apparati normativi vigenti non riesce a porre freno” e pur tuttavia senza che tali affermazioni siano suffragate da riferimenti oggettivi, puntuali e di dettaglio (come diversamente previsto dal D. Lgs. 42/04 e s.m. e i.).
“Tale asserzione, dichiara il presidente di ANCE Reggio Calabria, Michele Laganà, non apparendo suffragata da elementi oggettivi inconfutabili, rappresenta anche una denuncia verso la Pubblica Amministrazione deputata al controllo del territorio ed al rispetto delle norme che, in ossequio all’articolo 4 della Legge regionale 16 aprile 2002, n. 19 ed alla normativa costituzionale e statale (con particolare riferimento al combinato disposto degli articoli 13, comma 1, e 42, comma 2, del d.lgs. 267/2000), è individuata nella Città di Reggio Calabria quale Ente Competente, titolare dei poteri di gestione della medesima strumentazione urbanistica vigente a scala comunale, e titolare dell’esercizio delle funzioni relative al governo del territorio, esponendo, inoltre, anche la categoria degli Imprenditori Edili e Costruttori oltre che dei professionisti (Architetti, Ingegneri, Geometri, Agronomi, Periti, ecc.) ad una anche non velata inadeguatezza a progettare e a costruire. Gli elementi dello studio posto a base dell’azione della Soprintendenza, non aggiungono nulla agli studi condotti anche dai progettisti del Piano Strutturale Comunale (PSC) approvato a dicembre 2023, studi che hanno portato alla pianificazione del territorio comunale e che la stessa Soprintendenza ha valutato, esprimendo parere favorevole, così come sono stati approvati dal Settore Pianificazione e Valorizzazione del Territorio della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Nella proposta di vincolo si rinvengono prescrizioni d’uso degli immobili che appaiono delle vere e proprie prescrizioni urbanistiche che peraltro annullano di fatto quelle contenute nel Regolamento Edilizio ed Urbanistico approvato nel PSC, conducendo peraltro a dubbi in termini di “eccesso di potere” nell’azione della Soprintendenza. Inoltre, si sarebbe dovuto tenere in maggiore considerazione l’interesse non solo dei privati titolari degli immobili all’interno della perimetrazione ma in generale l’interesse allo sviluppo della città. Nella presente fattispecie, infatti, si sta vincolando un intero “ecosistema urbano”, a carattere vitale, che deve essere supportato nella trasformazione su sé stesso e nell’adeguamento ai più moderni standard tecnologici e ambientali anche per garantire l’innovazione, la valorizzazione e l’adeguamento ai più moderni standard energetici, sismici e ambientali del patrimonio esistente ai sensi della normativa in materia di rigenerazione urbana”.
Il tema della rigenerazione urbana, non è minimamente menzionato nella procedura iniziata dalla SABAP che, pur consentendo quasi sempre la demo-ricostruzione, tuttavia neutralizza l’utilizzo delle nuove tecniche costruttive e soprattutto produce l’abrogazione, di fatto, della novella introdotta con la rivisitazione e modifica dell’art. 3 del DPR 380/01 che, al comma 1, prevede, tra l’altro, d) “interventi di ristrutturazione edilizia” che perderebbero di efficacia, rispetto alle determinazioni assunte dalla Soprintendenza che invece scrive come il “livello di tutela attuale costituisce solo una parziale forma di salvaguardia, poiché la disciplina paesaggistica e urbanistica vigente consente modalità di trasformazione spesso non adeguate ai valori riconosciuti”. Pertanto, è necessaria una nuova articolazione del sistema di regole per il controllo e la verifica delle trasformazioni ritenute compatibili. Tali effetti, pongono quindi la comunità di fronte ad una abrogazione indiretta, di fatto, di una norma di rango primario, approvata dal legislatore nazionale, applicata in tutto il territorio italiano, tranne che, in futuro, nel territorio del Comune di Reggio Calabria.
“Lo sforzo del legislatore, regionale e nazionale, di promuovere una nuova stagione che guarda al concetto di rigenerazione urbana appare essere stato totalmente disatteso dalle prerogative, legittime, affidate al potere del Soprintendente. Ormai, in tutta Europa, attraverso le Direttive Comunitarie e legislazioni nazionali, si è aperto un dibattito pubblico circa l’effettiva necessità di promuovere politiche di rigenerazione urbana mirate a incoraggiare nuove frontiere del costruire, per la sostituzione edilizia degradata, per la conservazione edilizia attraverso le ristrutturazioni edilizie con nuovi materiali, adeguamenti sismici, adeguamenti igienico-sanitari ed ecosostenibili, risparmio energetico, cappotti termici, infissi di ultima generazione a tenuta termo-dinamica, tegole integrate, finiture e coloriture ecosostenibili con materiali riciclati, criteri ambientali minimi (CAM), edifici NZEB, politiche LEED, protocolli ITACA e secondo altre prassi di sostenibilità. Pertanto, anche in tale prospettiva, la scelta della Soprintendenza di vincolare un ambito urbano vasto e diffusamente degradato, desta dubbi e perplessità da valutare sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità dell’azione amministrativa ai fini del giusto bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco”, chiosa Michele Laganà.
Il provvedimento, ove non riformato, peraltro abroga “de facto” la Legge Regionale n. 25 del 07/07/2022 emanata dalla Regione Calabria in linea con le Direttive Europee e Nazionali per promuovere la rigenerazione urbana; legge che ha quale obiettivo quello di individuare nella stessa rigenerazione urbana e territoriale lo strumento finalizzato a promuovere il governo sostenibile del territorio, a contenere il consumo del suolo, al recupero del patrimonio costruito per migliorarne la qualità non solo urbana, edilizio-architettonica ma anche territoriale, paesaggistica e ambientale, l’efficienza energetica e idrica, la sicurezza sismica e la dotazione tecnologica, per favorire la promozione di politiche urbane integrate e sostenibili, per il perseguimento della coesione sociale, della tutela dell’ambiente e del paesaggio e della salvaguardia delle funzioni ecosistemiche del suolo. In tale senso è utile richiamare le recenti esperienze maturate in contesti ben più avanzati della città di Reggio Calabria, basti pensare a Londra, Berlino, Parigi, Lisbona, dove le grandi opere dei più importanti architetti del mondo, in ambiti storicizzati, hanno comportato una rivisitazione moderna e futuristica della città.
L’intervento sostitutivo della Soprintendenza, già in vigore per l’immediata e cogente applicazione (art. 139,c.2 del Dlgs n. 42/2004), ha provocato notevoli disagi ai singoli proprietari dei beni immobili (abitazioni, aree urbane, palazzi, ecc.) che si ritrovano a dover rivedere ogni iniziativa già avviata con un danno economico di non poco conto e con il serio rischio di dover rimborsare i danni ai professionisti, alle imprese impegnate ed anche verso l’erario per eventuali incentivi acquisiti. Difatti il patrimonio immobiliare subirà un eccessivo decremento di valore per la perdita di chance che la decretazione procurerà.
“Appare singolare, prosegue Laganà, stante la tutela imposta con la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di che trattasi, come la stessa Soprintendenza abbia potuto intraprendere il progetto di trasformazione della Piazza De Nava, il cui progetto – ampiamente dibattuto da associazioni culturali e fondazioni ambientali – a firma della stessa Soprintendenza, appare in netto contrasto con quanto sostenuto dalla stessa nella vicenda del nuovo vincolo paesaggistico: in contrasto con la matrice identitaria, modificata dal punto di vista materico e morfologico e, pertanto, non conforme ai principi di tutela enunciati; per cui il Piano De Nava, con la sua Piazza intitolata allo stesso illustre Ingegnere, diventa oggetto ed è portatore di un differente “uso” da parte della Soprintendenza, considerandolo privo di valore storico e culturale se il progetto di demolizione e ricostruzione, peraltro con la sostituzione di diverse tipologie di materiali e morfologia urbana rispetto allo status originario, viene redatto dalla stessa Soprintendenza, mentre diventa strumento vincolante – il Piano De Nava – se ad intervenire, sui propri immobili privati, sono i singoli cittadini. In altre parole, non appare alcuna coerenza con le enunciazioni conservative e inibitorie proposte, nella maggior parte delle unità di paesaggio individuate dalla Soprintendenza, che sembra rimarcare un ruolo autoreferenziale di progettista della città, rispetto ad urbanisti e professionisti diversi”.
Non è chiaro quali siano stati gli elementi e gli approfondimenti, ulteriori e significativi, che hanno portato ad una decisione così impattante ed importante per il futuro della città di Reggio Calabria che ha già dovuto subire le limitazioni delle misure di salvaguardia paesaggistico-ambientali del QTRP dalla sua adozione (2013), di quelle che hanno operato ai sensi dell’art. 60 della LR n. 19/2002 a decorrere dalla data di adozione del PSC (ben 3 anni) e, fino alla data di approvazione dell’atto di pianificazione, delle disposizioni transitorie di cui all’art. 65, c.1 lett.a) della medesima legge, con la decadenza delle previsioni della zonizzazione del previgente PRG, ad eccezione delle sole zone territoriali omogenee “A” e “B”, risultando agricole le restanti aree dell’intero territorio comunale, nonché delle note vicende disastrose che hanno caratterizzato il cosiddetto Piano Casa (LR n. 21/2010 e s.m.i.), prima approvato e poi dichiarato illegittimo con sentenze della Corte Costituzionale n. 219/2021 e n.19/2023.
Si evince invece, nella documentazione SABAP, che tutto il territorio oggetto della proposta di tutela è di fatto vincolato già dal 1939 (L.1497) e ancor più dal 1985 (L. 431), poi dal D.Lgs. 490/99 ed in ultimo dal D.Lgs. 42/2004 e s.m. e i., con riferimento, per esempio, ai vincoli della fascia di 150 metri dalle aste fluviali (Annunziata e Calopinace) e 300 metri dalla linea demaniale marittima, al vincolo della fascia ferroviaria, al vincolo della zona A del centro storico.
“Sembra di essere quindi di fronte ad una mera narrazione, prosegue Michele Laganà, circa la necessità di intervenire con la decretazione di urgenza da parte della Soprintendenza ABAP della Provincia di Reggio Calabria e Vibo Valentia, in quanto gli episodi edilizi susseguitisi negli ultimi 50 anni, sono stati quasi tutti sottoposti al vaglio della stessa autorità competente (Provincia di Reggio Calabria e Soprintendenza) per il rilascio dei prescritti pareri paesaggistici e storico culturali”.
In ultimo, ma non per importanza, occorre porre un cenno circa l’impossibilità, imposta con le previsioni della SABAP, di realizzare nuove opere pubbliche o riqualificare, con grave danno nei confronti della collettività che potrebbe essere privata di servizi essenziali. Infatti, nella documentazione resa disponibile, non vi è alcun cenno alle possibilità derogatorie in tema di appalti pubblici.
“In altre parole, evidenzia Laganà, né lo Stato, né la Regione, né Comune e Città Metropolitana potranno realizzare, nelle nove (n.9) unità di paesaggio individuate, le opere pubbliche (anche quelle programmate ed oggetto di finanziamenti in atto, ad esempio sul PNRR) poiché sottoposte alle misure inibitorie della Soprintendenza. Ricadono, altresì, nell’area di Paesaggio identificata con il n. 1, aree fuori delega comunale, di competenza dell’Autorità di Sistema portuale dello Stretto che vedrà, pertanto, sottratta la sua titolarità nella realizzazione di interventi programmati ai sensi di legge.
Questi alcuni degli aspetti di maggiore preoccupazione per ANCE e Confindustria Reggio Calabria ed alla base del ricorso presentato al TAR Calabria; insieme con la più generale apprensione per, rispettivamente, il corto circuito che sta interessando l’urbanistica di una città che mostra ovunque un diffuso e forte bisogno di rigenerazione urbana, fisica, funzionale e sociale, come per l’apparente conflitto interistituzionale che produce ed esemplifica la frammentazione di attori territoriali che invece dovrebbero fare squadra anche con il settore privato per affrontare con qualche possibilità di successo le sfide della modernità e la complessità dei tempi che stiamo vivendo. “L’auspicio dei ricorrenti, animati da senso di responsabilità e sincero afflato verso la città ed i suoi abitanti, è che, in linea con le diverse sentenze espresse dalla Suprema Corte in materia, che evidenziano l’importanza e la necessità di una <<leale collaborazione>> tra enti preposti, il conflitto palesato possa evolvere in una occasione storica per ripensare in forma collaborativa e rilanciare in ottica rigenerativa una strategia urbana sostenibile per la città di Reggio Calabria, caratterizzata da un progressivo spopolamento, con un gravissimo decremento demografico, che riguarda, innanzitutto la popolazione dei giovani, quella attiva, e con la presenza di un ingente patrimonio edilizio che deve essere messo al più presto in sicurezza”.