Secondo l’ultima indagine realizzata dell’Ance (novembre 2019), circa i due terzi delle imprese di costruzioni registrano ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione.
In media, le imprese che realizzano lavori pubblici vengono pagate 133 giorni (circa 4,5 mesi) dopo l’emissione degli Stati di Avanzamento Lavori, contro i 60 giorni previsti dalla normativa.
Rispetto a sei anni fa, quando è stata avviata la prima procedura di infrazione europea, i giorni di ritardo si sono dimezzati. Rispetto al valore medio del biennio 2016-2017, si sono ridotti di circa un quarto.
Ma, nonostante questi progressi, i tempi di pagamento rimangono ben al di sopra dei limiti fissati dall’Unione europea. Continua, infatti, a prevalere la “cultura” dei ritardi di pagamento alle imprese, testimoniata dalle numerose prassi inique che le Pubbliche Amministrazioni mettono in atto nei confronti delle imprese di costruzione.
A fine 2019, infatti, il 92% delle imprese dichiara di aver ricevuto richieste di ritardare l’emissione dei SAL o l’invio delle fatture, di accettare, in sede di contratto, tempi di pagamento superiori alle tempistiche o di rinunciare agli interessi di mora in caso di ritardo.
I mancati pagamenti della P.A. provocano importanti effetti negativi sull’occupazione e sugli investimenti nel settore e, più in generale, sul funzionamento dell’economia.
Per far fronte alla mancanza di liquidità provocata dai ritardi di pagamento da parte della Pubblica Amministrazione, infatti, le imprese che realizzano lavori pubblici riducono investimenti e personale e sopportano costi elevati legati all’utilizzo degli strumenti finanziari attivati.
La recente condanna della Corte Europea rende ancora più urgente adottare misure urgenti per risolvere il problema dei ritardi di pagamento in Italia e, in particolare, nel settore delle costruzioni che vanta nei confronti della PA pagamenti arretrati per circa 6 miliardi di euro.