L’indicazione rischia di ingenerare confusione tra ciò che è rifiuto e ciò che ha cessato di esserlo. Un esempio per tutti i cd. limiti quantitativi massimi lavorabili, i quali sono previsti dal dm del 1998 o contenuti nelle autorizzazioni al recupero dei rifiuti mentre non dovrebbero essere applicabili al fresato d’asfalto end of waste, ossia non rifiuto.
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L’interpretazione fornita dal ministero solleva numerosi dubbi e rischia di compromettere l’applicazione della nuova procedura per la gestione dell’end of waste.
Appare innanzitutto poco corretto il riferimento al termine “fresato”: termine che non viene utilizzato nel dm 69/2018 e del quale quindi manca una vera e propria definizione.
Inoltre se, come sembra, per fresato si deve intendere il “rifiuto” , si creano nuove problematiche operative, in quanto la dichiarazione di conformità deve essere redatta dal produttore del “granulato di conglomerato bituminoso” – ossia il fresato che ha cessato di essere rifiuto – e quindi da un soggetto che può non essere il produttore del rifiuto.
A ciò si aggiunga che il lotto di “granulato di conglomerato bituminoso” (fino a 3000 mc) previsto dal dm 69/2018 può, evidentemente, derivare anche da più conferimenti e quindi da più cantieri.
Ne deriva che a voler seguire le indicazioni del ministero, ciascuna dichiarazione di conformità dovrebbe essere corredata dai dati di tutti i cantieri dai quali è stato conferito il fresato rifiuto e che hanno contribuito a creare il lotto di EOW! Si tratta di un adempimento sostenibile solo nel caso di grandi committenze e grandi opere, mentre rischia di essere di difficile, se non impossibile, applicazione in tutti i casi nei quali il lotto deriva da un insieme di conferimenti derivanti da piccoli e medi interventi, che rappresentano peraltro la gran parte dell’attività del settore.
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