A precisarlo è stata la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 14 aprile 2022, n. 2847, nella quale i giudici amministrativi di secondo grado si sono pronunciati sugli effetti derivanti dall’ammissione delle imprese al controllo giudiziario delle attività e delle aziende di cui all’art. 34-bis, d.lgs. n. 159/2011, sulle procedure di gara dalle quali siano state escluse a causa dell’adozione a loro carico di informazioni antimafia interdittive.
In particolare, nel caso di specie rimesso all’esame del Consiglio di Stato, il Ministero della difesa aveva escluso da una procedura di affidamento di lavori, il RTI risultato al primo posto della graduatoria, poiché nel corso dello svolgimento della gara l’impresa mandataria era stata attinta da un’informazione antimafia interdittiva. Successivamente, il tribunale competente per le misure di prevenzione ammetteva detta impresa al controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis, d.lgs. n. 159/2011. In conseguenza dell’applicazione di tale misura di prevenzione, il RTI chiedeva di essere riammesso alla procedura di gara e, a fronte del silenzio della stazione appaltante, contestava dinanzi all’autorità giudiziaria il provvedimento di esclusione, sull’assunto che, per effetto del disposto di cui all’art. 34-bis, comma 7, d.lgs. n. 159/2011, lo stesso si sarebbe dovuto ritenere sospeso.
Sia nel primo grado del giudizio, che in sede di appello i giudici amministrativi hanno confermato la legittimità dell’operato della stazione appaltante, qualificando l’ammissione al controllo giudiziario come rimedio volto a consentire all’impresa che ne beneficia di prendere parte alle procedure indette successivamente, e non anche a sanare retroattivamente la posizione dell’operatore economico che sia stato escluso ai sensi dell’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, a seguito dell’intervenuta perdita della continuità dei requisiti.
Nel giungere a tale conclusione, il Consiglio di Stato muove dalla considerazione che la sospensione ex lege degli effetti interdittivi di cui all’art. 94, d.lgs. n. 159/2011, derivante dall’applicazione della misura di cui all’art. 34-bis, comma 7, d.lgs. n. 50/2016, ha natura eccezionale, derogando al principio generale secondo cui i requisiti di capacità dell’impresa devono permanere per tutta la durata dell’appalto.
In proposito, la disciplina contenuta nel codice dei contratti pubblici prescrive, infatti, alle stazioni appaltanti di procedere all’esclusione degli operatori economici privi del requisito dell’assenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, e ciò in qualunque momento delle procedure di gara (art. 80, commi 2 e 6, d.lgs. n. 50/2016). A sua volta, il codice antimafia impedisce alle amministrazioni aggiudicatrici di stipulare, approvare o autorizzare i contratti o i subcontratti, ovvero autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni in favore di imprese destinatarie di provvedimenti interdittivi (art. 94 d.lgs. n. 159/2011). Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, tale disciplina si fonda sulla circostanza che detti provvedimenti determinano una “particolare forma di incapacità giuridica” dalla quale deriva “l’insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario di essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio c.d. lato esterno) rapporti giuridici con la pubblica amministrazione” (cfr., fra le ultime, Cons. St., ad. plen., 6 aprile 2018, n. 3).
Ciò posto, alla disciplina sopra richiamata fa eccezione l’ipotesi in cui l’impresa, già destinataria di un’informazione antimafia interdittiva, venga ammessa al controllo giudiziario, in quanto l’applicazione di tale istituto ne ripristina – seppur temporaneamente e nei limiti di quanto previsto dall’art. 34-bis, d.lgs. n. 159/2011 – la capacità contrattuale.
Nel ragionamento dei giudici del Consiglio di Stato, tale deroga alla disciplina ordinaria trova giustificazione in talune esigenze fondamentali, poiché essa, da un lato, consente alla stazione appaltante, allorchè ci si trovi nella fase esecutiva del contratto, di non dover necessariamente recedere dallo stesso – con conseguenti disservizi e maggiori oneri derivanti dallo scorrimento della graduatoria in favore di offerte meno vantaggiose – ma di continuare ad avvalersi dell’offerta ritenuta migliore; dall’altro lato, presupponendo la continuità dell’attività aziendale in un regime di “legalità controllata”, produce l’effetto di salvaguardare, sia pure per un periodo di tempo limitato, la capacità economico-produttiva dell’impresa e la forza lavoro ivi impiegata.
Da quanto precede, consegue quindi – ad avviso dei giudici amministrativi di secondo grado – che la fattispecie in esame in tanto può trovare applicazione, in quanto già si sia conclusa la fase procedimentale della scelta del contraente e ci si trovi, ormai, in quella successiva alla stipulazione del contratto. Infatti, “se è vero che l’ammissione al controllo giudiziario dell’impresa attinta da informazione interdittiva antimafia risponde all’obiettivo di preservarne la capacità economico-produttiva, è gioco forza ritenere che, perché sia utile, la misura debba permettere all’impresa di poter continuare a svolgere le commesse già affidate, mentre andrebbe ultra vires se grazie ad essa fosse consentito all’impresa anche di concorrere ad affidamenti di contratti pubblici; di essi, infatti, nella fase evidenziale l’impresa ha solo l’aspettativa a rendersi aggiudicataria (la chance) ma, per l’incertezza che sempre la connota, non v’è alcunché già presente nella sua sfera che le sia sottratto in pregiudizio alla continuazione dell’attività”.
Ciò è tanto più vero – aggiungono i giudici del Consiglio di Stato – ove si consideri che il tentativo di infiltrazione mafiosa, in ragione del quale sia stata adottata l’informazione interdittiva antimafia, potrebbe essere avvenuto proprio in vista della partecipazione alla procedura di gara in contestazione. Se allora si consentisse all’impresa di evitare l’esclusione con la sola richiesta di ammissione al controllo giudiziario, sarebbero frustrati gli obiettivi cui è diretta la misura interdittiva, e cioè neutralizzare i fattori distorsivi dell’economia nazionale, nonché salvaguardare i principi di legalità, imparzialità e buon andamento, lo svolgimento legale e corretto della concorrenza tra le imprese e il corretto utilizzo delle risorse pubbliche.
Alla luce di quanto precede, conclude il Consiglio di Stato, l’ammissione (o anche la sola richiesta di ammissione) al controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis, d.lgs. n. 159/2011 non ha conseguenze sui provvedimenti di esclusione che siano stati adottati ai sensi dell’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 – e i cui effetti si producono e si esauriscono in maniera definitiva nell’ambito della procedura di gara – ma, in mancanza di diverse indicazioni normative, ha efficacia solo per l’avvenire, con la conseguente possibilità per le imprese di partecipare in situazione di controllo ad altre procedure di gara.
Seppur ispirata ad altre recenti sentenze pronunciate sul tema (cfr., ad esempio, Cons. St., sez. V, 14 giugno 2021, n. 4619) e a principi consolidati nella giurisprudenza amministrativa, la decisione in commento assume un certo rilievo in quanto consente di definire ulteriormente il perimetro applicativo dell’informazione interdittiva antimafia e della misura di prevenzione del controllo giudiziario. In particolare, sulla base delle considerazioni formulate dai giudici del Consiglio di Stato, qualora un operatore economico sia stato destinatario di un’informativa antimafia, l’eventuale applicazione dell’istituto di cui all’art. 34-bis, d.lgs. n. 159/2016 gli consentirà di proseguire i contratti in corso di esecuzione e di partecipare a future procedure di gara. Tale istituto non produrrà, invece, effetti sul provvedimento di esclusione adottato ai sensi dell’art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, a seguito della misura prefettizia, anche ove l’impresa venga poi sottoposta a controllo giudiziario. Il quadro normativo così ricostruito, in base al quale cioè l’informazione interdittiva antimafia comporta il definitivo allontanamento dell’operatore economico dalla procedura di gara in corso di svolgimento, risulta peraltro coerente – si legge espressamente nella sentenza in commento – con il diritto euro-unitario ai sensi del quale infatti “il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici” (CGUE, 26 settembre 2019, causa C-63-18).