Il “codice appalti”, quando prevede che la “garanzia provvisoria” a corredo dell’offerta “copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario” (art. 93, comma 6 del d.lgs. 50/2016), delinea un sistema di garanzie che si riferisce al solo periodo compreso tra l’aggiudicazione ed il contratto e non anche al periodo compreso tra la “proposta di aggiudicazione” e l’aggiudicazione stessa.
La questione è stata così risolta dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza del 26 aprile 2022, n. 7, chiamata a esprimersi sulla valenza negli appalti pubblici della “garanzia provvisoria”. In particolare, poiché era dubbio se la stessa coprisse:
Ciò al fine di chiarire se potesse essere escussa la garanzia del destinatario della proposta di aggiudicazione, escluso dalla gara a seguito del riscontro, da parte dell’amministrazione, di uno dei motivi di esclusione elencati dall’art. 80 del codice appalti (cfr. remissione della sez. IV con sentenza parziale 4 gennaio 2022, n. 26).
Nella sentenza in esame, si distinguono anzitutto le due forme di garanzia, ossia la “cauzione” o la “fideiussione”, previste dal codice appalti, che assolvono, nella fase fisiologica, la funzione di tutela della serietà e l’affidabilità dell’offerta (con obbligo dell’amministrazione di restituire/svincolare tali garanzie al momento della sottoscrizione del contratto).
In particolare, secondo l’Adunanza plenaria, la “cauzione” è un’obbligazione di garanzia, con funzione compensativa forfettaria dei danni relativi alla fase procedimentale, che deve essere eseguita dallo stesso debitore e si distingue dalla caparra confirmatoria per la mancanza di un contratto “a monte” (art. 1385 cod. civ. e cfr. Cass. civ., sez. un., 14 gennaio 2009, n. 553).
I soggetti coinvolti distinguono invece la cauzione dalla “fideiussione”, che è un’obbligazione (di garanzia) che sorge a seguito della stipulazione di un contratto tra un terzo garante e il creditore. Rispetto a quanto disciplinato dal codice civile (artt. 1936-1957 cod. civ.), negli appalti pubblici è prevista la rinuncia: i) al beneficio della preventiva escussione del debitore principale; ii) al rapporto di accessorietà, dovendo operare questa forma di garanzia a semplice richiesta; iii) all’eccezione che consente di fare valere la garanzia anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale (art. 93, comma 4, del codice appalti, ma vedi anche Cass. civ., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947).
Entrambe le forme di garanzia presuppongono, per l’avvio della fase patologica, un “fatto” del debitore principale che vìola le regole di gara secondo un modello di responsabilità oggettiva, con conseguente esclusione della responsabilità nei soli casi di dimostrata assenza di un rapporto di causalità.
Nella vigenza del Codice del 2006 (d.lgs. 163/2006), l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 4 ottobre 2005, n. 8; Cons. Stato, Ad. plen., 10 dicembre 2014, n. 34; Cons. Stato, sez. V, ord. 26 aprile 2021, n. 3299) distingueva proprio la “garanzia provvisoria” escussa nei confronti:
Diversamente, osserva l’Adunanza Plenaria, con il nuovo codice appalti (così come modificato dal cd. “decreto correttivo” d.lgs. 57/2016), la possibilità di escussione della garanzia provvisoria, prima dell’aggiudicazione, viene prevista solo nei confronti del concorrente che abbia reso dichiarazioni false nell’ambito della procedura di avvalimento (art. 89, comma 1).
Successivamente a tale fase, il codice appalti stabilisce che “la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto” (art. 93, comma 6).
Pertanto, secondo l’Adunanza Plenaria, con la vigente formulazione del codice appalti, il legislatore ha inteso ridurre l’ambito di operatività della garanzia provvisoria alla sola fase provvedimentale e confermato la natura esclusivamente non sanzionatoria della garanzia provvisoria.
Tale diversità di regime, ricorda l’Adunanza Plenaria, ha peraltro indotto il Consiglio di Stato (v. ordinanza, sez. V, n. 3299 del 2021), a rimettere alla Corte Costituzionale la questione relativa all’applicazione retroattiva della nuova disciplina della “garanzia provvisoria” (applicata al solo aggiudicatario con funzione compensativa), perché più favorevole rispetto alla precedente disciplina (applicata anche al concorrente con funzione punitiva).
Nella sentenza dell’Adunanza Plenaria vengono approfonditi anche i diversi effetti che conseguono per l’amministrazione al verificarsi di un fatto patologico nelle due fasi. In particolare, viene osservato che:
Ne consegue che, secondo l’Adunanza Plenaria, in quest’ultimo caso, ossia fino all’accettazione della proposta di aggiudicazione, non è più prevista alcuna sanzione (rectius: escussione della garanzia) a carico del concorrente per la rinuncia o esclusione dalla procedura di gara.
Gli eventuali pregiudizi economici dell’amministrazione sono connessi alla dimostrazione, da parte della stessa, della responsabilità precontrattuale del concorrente (artt. 1337-1338 cod. civ).
In tali casi, il concorrente potrà invece essere sanzionato dall’ANAC, ma solo qualora questa accerti specifiche condotte contrarie alle regole della gara da parte degli operatori economici (cfr. art. 213, comma 13, del codice appalti, che prevede sanzioni da € 250 a € 50.000, quest’ultima prevista nel caso di soggetti che forniscono informazioni o esibiscono documenti non veritieri).
Tanto premesso, l’Adunanza plenaria ha accolto il motivo di appello della sentenza di primo grado (cfr. TAR Milano, sez. IV, n. 1581/2021), negando la legittimità dell’escussione della garanzia provvisoria nei confronti del destinatario della proposta di aggiudicazione, dopo essere stato escluso dalla gara a seguito dei controlli finalizzati a verificare il rispetto dei requisiti generali (art. 80 del codice appalti).
Fonte: ANCE