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Circolari, Lavoro e Previdenza

INL: ferie tramutate in cassa integrazione Covid-19 – chiarimenti

24 Novembre 2021
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La Direzione centrale coordinamento giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), ha pubblicato la nota n. 1799 del 23 novembre 2021, con la quale, ha fornito un parere in merito alla possibilità, per il datore di lavoro, di modificare in CIGO con causale Covid-19 le giornate di ferie richieste dai lavoratori già programmate e concesse“.

 

La nota dell’Ispettorato del Lavoro

L’art. 10 del D.Lgs. n. 66/2003 stabilisce che, “fermo restando quanto previsto dall’art. 2109 c.c., il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva (…) va goduto per almeno due settimane consecutive, in caso di richiesta del lavoratore nel corso dell’anno di maturazione e per le restanti due settimane, nei diciotto mesi successivi al termine dell’anno di maturazione”. In forza del citato art. 2109 c.c. si evince il riconoscimento in capo al datore di lavoro, nell’ambito dei poteri di organizzazione dell’attività imprenditoriale, di una facoltà di determinare la collocazione temporale delle ferie, nonché in alcune ipotesi di modificarla.

Come già chiarito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con l’interpello n. 19/2011, sempreché sia rispettato il dovere di comunicazione preventiva al lavoratore del periodo feriale, eventuali deroghe alla fruizione del diritto costituzionalmente garantito ex art. 36, comma 3 Cost., risultano ammissibili esclusivamente laddove le esigenze aziendali assumano carattere di eccezionalità ed imprevedibilità e come tali siano supportate da adeguata motivazione.

Al riguardo, in linea con la circolare n. 8/2005, il Ministero con il citato interpello ha precisato che costituiscono ipotesi oggettive derogatorie all’ordinaria modalità di fruizione delle ferie, tra gli altri, gli interventi a sostegno del reddito ordinari e straordinari, in cui si assiste ad una “sospensione totale o parziale delle obbligazioni principali scaturenti dal rapporto medesimo, ossia l’espletamento dell’attività lavorativa e la corresponsione della retribuzione”.

Nello specifico, in caso di sospensione totale dell’attività lavorativa, ovvero nell’ipotesi di CIG a zero ore, non sembra sussistere il presupposto della necessità di recuperare le energie psico-fisiche cui è preordinato il diritto alle ferie. L’esercizio del diritto in questione, sia con riferimento alle ferie già maturate sia riguardo a quelle infra-annuali in corso di maturazione, può quindi essere posticipato al momento della cessazione dell’evento sospensivo coincidente con la ripresa dell’attività produttiva; diversamente avviene nell’ipotesi di CIG parziale, nella quale deve comunque essere garantito al lavoratore il ristoro psico-fisico correlato all’attività svolta, sebbene in misura ridotta.

Dalla ricostruzione dell’istante emerge dunque che il datore di lavoro non avrebbe comunicato formalmente la decisione di trasformare in CIGO Covid un periodo di ferie preventivamente richiesto e già autorizzato, in violazione dell’art. 2109, comma 3, c.c., ai sensi del quale “l’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie”. Per tale irregolarità non è prevista una sanzione amministrativa nel nostro ordinamento, né si ritiene utile il ricorso al potere di disposizione ex art. 14 D.Lgs. n. 124/2004. Va infatti considerato che, risultando inalterato il plafond di ferie maturate da ciascun lavoratore che potrà quindi fruirne al termine del periodo di CIGO, non sembra evincersi un danno alla cui “riparazione” dovrebbe essere finalizzato il ricorso al potere di disposizione.

Fonte DPL Modena

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