In particolare, il provvedimento, oltre a modificare l’art. 25 del predetto decreto legislativo concernente gli atti discriminatori verso i lavoratori, prevede, con innovazione dell’art. 46, l’obbligo di trasmissione al Ministero del lavoro, ogni due anni, del rapporto di parità per i datori di lavoro che occupano oltre 50 dipendenti (in precedenza oltre 100 dipendenti).
Viene inoltre aggiunto il comma 1-bis con il quale si prevede che possono redigere il rapporto, su base volontaria, anche le aziende pubbliche e private che occupano fino a 50 dipendenti.
Ai sensi del nuovo comma 2, il rapporto deve essere redatto in modalità esclusivamente telematica, attraverso la compilazione di un modello pubblicato sul portale istituzionale del Ministero del lavoro e trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali.
Successivamente, i dati contenuti nei rapporti sono elaborati dalla consigliera e dal consigliere regionale di parità’ e trasmessi alle sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro, alla consigliera o al consigliere nazionale di parità, al Ministero del lavoro, al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, all’Istituto nazionale di statistica e al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
In un’apposita sezione del portale istituzionale il Ministero del lavoro provvede quindi alla pubblicazione dell’elenco delle aziende che hanno o non hanno trasmesso il rapporto.
Secondo quanto previsto dall’innovato comma 3, con apposito decreto interministeriale, da adottare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni, saranno definite le modalità per la redazione del rapporto, come richiamate nel comma stesso, tra cui quelle inerenti l’accesso al rapporto da parte dei dipendenti e delle rappresentanze sindacali dell’azienda interessata, nel rispetto della tutela dei dati personali.
In ogni caso il rapporto deve indicare:
Con modifica del comma 4, in cui è previsto che qualora le aziende non trasmettano il rapporto le stesse sono invitate dalla Direzione regionale del lavoro a provvedere entro 60 giorni, viene stabilito che, qualora l’inottemperanza si protragga per oltre dodici mesi, è disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall’azienda.
Con l’inserimento del comma 4-bis si prevede che l’Ispettorato nazionale del lavoro provvede a verificare la veridicità dei rapporti e, nel caso di rapporto mendace o incompleto, è applicata una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro.
E’ istituita, inoltre, con il nuovo art. 46-bis, a decorrere dal 1° gennaio 2022, la certificazione della parità di genere, al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.
Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, saranno definiti i parametri minimi per il conseguimento di tale certificazione, le modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro, le modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri di parità regionali, delle città metropolitane e degli enti di area vasta nel controllo e nella verifica del rispetto dei predetti parametri, le forme di pubblicità della certificazione
A tal fine viene istituito, presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese, costituito da rappresentanti del medesimo Dipartimento, del Ministero del lavoro, del Ministero dello sviluppo economico, delle consigliere e dei consiglieri di parità, da rappresentanti sindacali e da esperti.
Ai sensi dell’art. 5 della legge in esame, infine, per l’anno 2022 (e anche per gli anni successi previa emanazione di apposito provvedimento legislativo), alle aziende private in possesso della certificazione della parità di genere è riconosciuto un esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile. A tal fine sarà adottato, entro il 31 gennaio 2022, apposito decreto interministeriale, assicurando il limite di spesa di 50 milioni di euro.
Alle aziende private che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della certificazione della parità di genere, è altresì riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
Le amministrazioni aggiudicatrici saranno tenute ad indicare nei bandi di gara, negli avvisi o negli inviti relativi a procedure per l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta