Gli interventi di adeguamento degli impianti sportivi potranno essere realizzati in deroga alle norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. 42/2004). La novità, contenuta nel Decreto Semplificazioni, promette l’efficientamento degli stadi senza consumo di suolo, ma suscita l’allarme degli Architetti, che parlano di “pericoloso precedente”.
La norma approvata dal Senato, che deve ora essere confermata alla Camera, prevede che, per prevenire il consumo di suolo, rendere più efficienti gli impianti sportivi destinati ad accogliere competizioni agonistiche di livello professionistico e garantirne l’adeguamento agli standard internazionali di sicurezza, gli interventi possano essere realizzati in deroga agli articoli 10, 12, 13, 136 e 140 del D.lgs. 42/2004, che regolano la definizione di beni culturali, la verifica e dichiarazione dell’interesse culturale e l’individuazione degli immobili e delle aree di interesse pubblico. Gli interventi potranno inoltre derogare alle eventuali dichiarazioni di interesse culturale o pubblico già adottate.
Dovranno essere rispettati solo “gli specifici elementi strutturali, architettonici o visuali di cui sia strettamente necessaria a fini testimoniali la conservazione o la riproduzione anche in forme e dimensioni diverse da quella originaria”.
Per poter iniziare i lavori, il proprietario o concessionario dell’impianto sportivo dovrà inviare una richiesta al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che entro 90 giorni adotterà il provvedimento con l’indicazione degli elementi da conservare e tutelare e le modalità e forme di conservazione, “anche distaccata dal nuovo impianto sportivo, mediante interventi di ristrutturazione o sostituzione edilizia volti alla migliore fruibilità dell’impianto medesimo”. Il termine potrà essere prorogato di 30 giorni solo una volta e solo per l’acquisizione di documenti che non siano già in possesso della Sovrintendenza territorialmente competente. Decorso tale termine senza riscontro, il vincolo di tutela artistica, storica e culturale verrà meno e cesseranno gli effetti delle dichiarazioni di interesse culturale eventualmente già adottate.
Oltre alla procedura semplificata, la norma contiene un altro principio: l’esigenza di tutelare gli impianti sportivi con un “valore testimoniale” soccomberà rispetto all’esigenza di messa in sicurezza e adeguamento agli standard internazionali e della sostenibilità economico – finanziaria.
Il Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori (Cnappc) ha espresso la sua netta contrarietà sulla norma per l’adeguamento degli stadi spiegando che “si crea inevitabilmente un precedente pericoloso per l’intero patrimonio storico artistico e culturale del nostro Paese”. Il Cnappc teme infatti che oggi la norma sia riferita solo agli impianti sportivi, ma che un domani possa essere estesa ad altre tipologie di edifici pubblici.
Gli Architetti sottolineano che la norma riduce considerevolmente l’intervento delle Soprintendenze, mentre “è per noi assolutamente non condivisibile il principio di limitare il parere della Soprintendenza a elementi puntuali dell’intero complesso, in quanto la liberalizzazione delle scelte progettuali relative alle parti non oggetto di tutela potrebbe avere pesanti ripercussioni negative anche sulle parti tutelate; il progetto architettonico infatti non è uno spezzatino, ma deve avere un linguaggio unitario”.
Il Cnappc lamenta inoltre che i limiti ai tempi per il rilascio dei pareri dovrebbero essere accompagnati da un adeguato potenziamento dell’organico. “Semplificare – scrive il Cnappc – non significa bypassare le norme per carenza di organico, puntando, tra l’altro quasi esclusivamente sulla semplificazione degli appalti”.
“La semplificazione – conclude il Cnappc – non può essere disgiunta dalla ricerca della migliore qualità progettuale che si ottiene promuovendo concorsi di progettazione in due gradi. Riteniamo che il concorso di progettazione in due gradi sia oggi il sistema più rapido per la per la selezione del miglior progetto di architettura”.