Due pronunce, una del TAR Lazio e una del TAR Marche, affrontano alcune delle maggiori criticità interpretative riguardanti il subappalto.
Di seguito, un’analisi dei passaggi più significativi.
il TAR Lazio, sez. I, con la sentenza del 24 aprile 2020, n. 4183, è intervenuto sul limite temporaneo del 40% al subappalto, risultante dal DL n.32/2019, c.d. “Sblocca cantieri”, dopo la conversione con la L. n. 55 del 14 giugno 2019, ritenendo che l’innalzamento temporaneo per tutto l’anno 2020 del limite del subappalto dal 30% al 40% delle prestazioni totali può ritenersi coerente con le indicazioni contenute nelle pronunce sul punto della Corte Giustizia UE (cfr. C. Giustizia UE 26/09/2019, C-63/18 e C. Giustizia UE 27/11/2019, C-402/18).
Ad avviso del collegio giudicante, le suddette pronunce, pur avendo censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno nella soglia del 30% dei lavori, non avrebbero escluso la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori.
Ciò troverebbe conferma nel fatto che la stessa Corte UE, nel riconoscere la legittimità dell’obiettivo nazionale di contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici, ha comunque aperto a possibili restrizioni alle norme fondamentali e ai principi generali dell’Unione europea che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici (vedi in proposito anche Consiglio di Stato, sez. III, Sent. 11/05/2020, n. 2962).
Ne conseguirebbe che la Corte UE non ha escluso la possibilità per il legislatore nazionale di individuare, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto laddove sia proporzionato rispetto al suddetto obiettivo.
Pertanto, conclude il TAR, non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite al subappalto pari al 40% dell’importo dell’appalto, nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici.
Sulla compatibilità dell’ordinario limite nazionale del 30% al subappalto, è intervenuto invece il TAR Marche, con la sentenza del 23 aprile 2020, n. 59, che ha analizzato un parere reso in data 17 dicembre 2019 dall’A.N.A.C.
Il TAR, invocando il principio di primazia del diritto comunitario di cui alla sentenza n. 170 del 1984 della Corte Costituzionale, non condivide la posizione dell’ANAC nella parte in cui si sostiene che non sussiste l’obbligo dell’amministrazione di conformarsi al diritto comunitario, laddove le clausole del bando recassero una specifica previsione confliggente con tale pronuncia e l’aggiudicatario l’abbia implicitamente accettate, senza contestarle al momento della partecipazione.
Pertanto, il TAR Marche (invero con una posizione non del tutto coincidente con quella del citato TAR Lazio) ritiene che, a seguito della pronuncia della CGUE, non esiste più un limite invalicabile alla quota subappaltabile, per cui l’autorizzazione deve essere concessa anche per una quota superiore al 30% (ad operatore qualificato), salvo motivata valutazione caso per caso della stazione appaltante.
Il sopra citato TAR Marche (Sez. I, sent. 23 aprile 2020, n. 59) è altresì intervenuto sull’autorizzazione ad eseguire opere e lavori in regime di cottimo.
A tale proposito il TAR ritiene che il cottimista deve essere qualificato per i lavori che si appresta ad eseguire, ma – ai fini dell’autorizzazione e, quindi, dell’imputazione di tale sub-affidamento nella quota di subappalto disponibile – l’importo è quello previsto come corrispettivo dal contratto di cottimo, e, dunque, deve essere calcolato al netto dei mezzi, materiali ed attrezzature a carico dell’appaltatore.
A conferma di ciò, il TAR ricorda che l’art. 3, let. ggggg-undecies), del D.Lgs. n. 50/2016, può essere interpretata nel senso che il legislatore ha collegato espressamente la capacità tecnico-economica del subappaltatore (sintetizzata nella SOA) all’importo complessivo delle opere che egli è chiamato ad eseguire (il che rispetta il principio secondo cui l’operatore economico può eseguire solo i lavori per i quali è qualificato).
Diverso è, però, il discorso che concerne le modalità di calcolo dell’incidenza del contratto di subappalto/cottimo sulla quota massima subappaltabile.
Ad avviso del collegio giudicante, infatti, il legislatore ha preso in esame l’id quod plerumque accidit, rilevando che che l’importo del contratto di subappalto/cottimo potrebbe essere anche inferiore a quello delle opere (materiali + posa in opera) che il subappaltatore/cottimista è chiamato ad eseguire, poiché nel cottimo tale importo potrebbe non includere in tutto in parte i materiali e le attrezzature necessari all’esecuzione dei lavori, forniti direttamente dall’appaltatore.
Sul punto, sempre a parere del TAR, non è decisivo in senso contrario neppure il parere del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 161 del 16 gennaio 2018 (documento allegato alla memoria di costituzione della committente), visto che lo stesso non ha alcun valore normativo.
Resta invece fermo, per il TAR Marche, che il subappaltatore/cottimista deve possedere la qualificazione SOA in una classifica di importo almeno corrispondente alla totalità dei lavori che egli deve eseguire e dunque comprendente anche il valore dei materiali e delle attrezzature messi a disposizione dall’appaltatore.
Si tratta di due sentenze molto interessanti, che però non hanno ricevuto il superiore vaglio del Consiglio di Stato.
Sul tetto al subappalto, la posizione del TAR Lazio non appare peraltro pienamente convincente.
Per l’ANCE, infatti, ferma l’inopportunità di una liberalizzazione completa del subappalto, potrebbe essere maggiormente coerente con il principio di proporzionalità lasciare alla stazione appaltante la possibilità di fissare, di volta in volta, nel bando o nell’avviso di gara, un limite al subappalto, entro una forbice compresa tra il 30 e il 50 percento, da applicare però solo alla categoria prevalente.
Quest’ultima infatti racchiude senz’altro quelle “prestazioni essenziali” dell’appalto, rispetto alle quali, secondo la normativa comunitaria, la stazione appaltante potrebbe valutare l’esigenza di richiedere l’esecuzione diretta dell’appaltatore.
Peraltro, una soluzione come quella descritta, che rimette alla stazione appaltante la scelta, da effettuare in base alle caratteristiche dello specifico appalto, della quota di subappalto da autorizzare, sia pure nell’ambito di una “forcella” percentuale, appare pienamente idonea a rispondere alle contestazioni della Corte di giustizia, avversa ad un limite “generale ed astratto”.
Quanto alla questione del cottimo, il TAR Marche offre una prima conferma a quanto sostenuto dall’ANCE, che ha sempre rilevato la particolarità di tale disposizione, ritenendo legittimo che l’appaltatore – ai fini dell’esecuzione di un appalto di lavori – si riservi la fornitura del materiale, affidando a terzi la posa in opera, nel presupposto che il cottimista sia qualificato per l’intera lavorazione.
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Riferimenti esterni