Con il parere n. 179 del 26 febbraio 2020, l’ANAC torna ad esercitare il potere di cui all’art. 211, comma 1-ter, d.lgs. n. 50/2016 – che le consente di adottare pareri motivati nelle ipotesi di riscontro di vizi di legittimità dei provvedimenti di gara – in relazione alla vicenda ASMEL. Il provvedimento in commento, in particolare, sembra inserirsi nel solco dell’attività di monitoraggio dei bandi ASMEL, tesa a valutare quelli di più recente pubblicazione sul sito ASMEL e a rilevarne eventuali profili di invalidità.
Il bando in esame, pubblicato dal Comune di Biella e relativo ad un affidamento di servizi (“servizio di riorganizzazione, adeguamento, gestione e manutenzione del sistema di videosorveglianza e di controllo accessi ZTL con formula di noleggio decennale”), presentava, ad avviso dell’ANAC, taluni aspetti problematici, talché la Stazione appaltante è stata invitata dall’Autorità ad eliminare le criticità rilevate.
Tra le censure mosse, anche quella concernente la clausola (riportata nel disciplinare di gara) che ha imposto ai concorrenti di sottoscrivere un atto unilaterale d’obbligo (allegato agli atti di gara), mediante il quale l’operatore economico – in caso di aggiudicazione – veniva obbligato a pagare ad ASMEL, prima della stipula del contratto, il corrispettivo dei servizi di committenza e di “tutte le attività di gara non escluse dal comma 2-bis dell’art. 41 del D.lgs. n. 50/2016” fornite dalla stessa, nella misura dell’1% (IVA esclusa) dell’importo a base di gara. La sottoscrizione e la presentazione dell’atto unilaterale d’obbligo venivano poste, peraltro, come elemento essenziale e condizione di ricevibilità dell’offerta.
Al riguardo, l’ANAC ha confermato il contrasto tra la suddetta previsione e gli articoli 23 Cost., dal momento che il meccanismo di remunerazione addossato all’aggiudicatario “non è supportato da alcuna puntuale base normativa”, e 41, comma 2-bis, del Codice dei contratti pubblici, che vieta espressamente addebitare ai concorrenti eventuali costi connessi alla gestione delle piattaforme telematiche, atteso che tale divieto “pare avere carattere assoluto, non ammettendo alcuno spazio per altre forme di remunerazione a carico dell’aggiudicatario”.
Inoltre, l’Autorità non ha mancato di rilevare l’effetto espulsivo dell’assunzione dell’obbligo in parola, qualificato come elemento essenziale dell’offerta, la cui carenza avrebbe reso espressamente irricevibile quest’ultima. A parere dell’ANAC, viene, dunque, a configurarsi una clausola dalla portata escludente, “ulteriore rispetto a quelle tipizzate dal codice degli appalti, con conseguente violazione dell’art. 83 co. 8 D. Lgs. n. 50/2016”.
Ne consegue, quindi, che clausola in commento impone un onere “ingiusto ed illegittimo onere a carico dell’aggiudicatario”, ed introduce una misura “ingiustificatamente restrittiva della partecipazione alle gare, con conseguenti danni alla concorrenza e, potenzialmente, al pubblico erario”.
Le ragioni addotte a sostegno dell’invalidità della clausole in commento sono peraltro già ampiamente espresse dall’Autorità in numerosi provvedimenti precedenti – citandone solo alcuni, atto di segnalazione al Governo 25 febbraio 2015, n. 3, delibera 28 Novembre 2018, n. 1123, Delibera 4 settembre 2019, n. 780, parere n. 44206 del 3 Giugno 2019, emesso su istanza presentata da ANCE, nonché i pareri nn. 21 e 22 del 15 gennaio 2020) – e condivise dalla giurisprudenza amministrativa – TAR Puglia – Lecce, n. 1664 del 31 ottobre 2019, pronunciata su ricorso, tra gli altri, di ANCE e ANCE Lecce, nonchè TAR Lombardia – Milano, n. 240/2020, emessa su un’impugnativa proposta dalla stessa ANAC.
L’Autorità rileva altresì che la previsione della clausola esaminata non trova supporto neppure:
Sul punto, va inoltre segnalata l’adozione, da parte della stessa ANAC, della delibera n. 267 del 17 marzo 2020, con cui l’ANAC ha voluto fornire alla Stazione appaltante le coordinate generali da applicare per far fronte all’invalidità della cennata clausola del bando.
In particolare, l’Autorità ha sollecitato l’Amministrazione ad agire in autotutela al fine di prendere formalmente atto della nullità parziale del bando e/o degli altri atti di gara, nella parte in cui enunciano la clausola in parola.
Infatti – ha ricordato l’ANAC – il contrasto con il principio di tassatività delle cause d’esclusione rende nulle le previsioni in commento, le quali possono essere disapplicate direttamente dalla Stazione Appaltante senza necessità di attendere la declaratoria giudiziale.
Di estremo interesse sono anche i riflessi civilistici del potere di autotutela; l’Autorità di vigilanza, infatti, ha dichiarato chiaramente che l’esercizio di tale facoltà comporterebbe “a valle”, la nullità dell’obbligazione assunta dagli aggiudicatari nei confronti di ASMEL, in quanto priva di giustificazione causale, rendendo, per l’effetto, non dovuta la prestazione dei corrispettivi per l’utilizzo delle piattaforme telematiche.
Conclusioni, queste, in linea con quanto ANCE ha sempre sostenuto sull’argomento.
Tornando al parere n. 179, tra gli ulteriori profili di illegittimità riscontrati, merita, in primo luogo, di essere segnalato che, secondo l’ANAC, ASMEL non è legittimata a gestire procedure di gara per conto di terzi, in quanto, oltre a non essere inclusa nell’elenco dei soggetti aggregatori di cui all’art. 9 del DL n. 66/2014, non risponde ad alcun modello organizzativo di aggregazione di enti locali per l’aggiudicazione degli appalti.
Ad avviso dell’ANAC, infatti, ASMEL anzitutto non potrebbe operare quale Centrale di committenza (che, va ricordato, l’art. 3, comma 1, lett. i, del Codice dei contratti definisce come “un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore che forniscono attività di centralizzazione delle committenze e, se del caso, attività di committenza ausiliarie”).
Vengono richiamate, sul punto, le conclusioni già raggiunte dalla cennata sentenza del TAR Lombardia n. 240/2020, che ha rilevato che ASMEL non può essere qualificata come organismo di diritto pubblico (essendo carente dei relativi requisiti) e che, comunque, la natura di organismo di diritto pubblico non sarebbe sufficiente a far rientrare ASMEL nella definizione di Centrale di committenza. Anche la forma organizzativa prescelta (società consortile) desta forti dubbi, non trattandosi di una di quelle previste dalla legge per l’espletamento congiunto da parte degli enti locali della funzione di acquisto (Unione di Comuni o il Consorzio di comuni ai sensi degli artt. 30 e ss. del TUEL).
In secondo luogo, l’Autorità ha provveduto anche a chiarire che ASMEL non costituisce una società in house dei Comuni in essa consorziati, alla quale affidare in via diretta i servizi di centralizzazione degli acquisti.
Ciò, in quanto anzitutto nessuno dei Comuni consorziati è presente nell’elenco delle Amministrazioni aggiudicatrici che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house, come, invece, espressamente sancisce l’art. 192 del Codice.
Inoltre, ad opinione dell’ANAC, mancherebbero in capo ad ASMEL i requisiti sostanziali dell’in house, risultando, in particolare, carente l’elemento del “controllo analogo congiunto” da parte dei Comuni aderenti, stante:
1) l’elevatissimo numero dei soggetti associati rende concretamente impossibile che alcuno di essi possa esercitare un effettivo potere di controllo;
2) nonostante nella struttura associativa sia presente una “Giunta per il controllo analogo” (composta da tre amministratori locali di enti soci), questa appare priva di un concreto potere di indirizzo; infatti, sia la Giunta che i singoli soci risultano soltanto “destinatari di una mera informativa, che consiste nel ricevere documentazione e resoconti”;
3) l’unico potere davvero rilevante attribuito ai Comuni soci sembra essere quello di nominare e revocare l’organo amministrativo (in merito alla quale, peraltro, ogni socio ha diritto ad un solo voto, indipendentemente dalla quota posseduta), ossia il Consiglio di amministrazione, peraltro composto da tre soli membri, di cui soltanto due possono essere nominati dall’Assemblea dei soci; il membro rimanente è invece nominato dal Consorzio ASMEZ, sorto come soggetto integralmente privato e, ancora oggi, partecipato da società private per il 30% del capitale.
Tutto ciò premesso, dal momento che il Comune di Biella ha demandato ad ASMEL il complesso delle attività inerenti lo svolgimento della procedura (ivi inclusa l’acquisizione del CIG), l’ANAC ha altresì rilevato (ex art. 39 del Codice) che alcune delle attività di committenza ausiliarie (tra cui, la messa a disposizione delle infrastrutture tecniche,le attività di consulenza e preparazione dei documenti di gara, come definite dall’art. 3, comma 1, lett. m, punti 1,2 e 3 del Codice) potrebbero essere affidate (oltre alle Centrali di committenza) anche a prestatori di servizi a loro volta, però, scelti con procedure di evidenza pubblica.
Ed è questa la modalità attraverso cui, secondo l’ANAC, ASMEL potrebbe validamente supportare gli Enti locali, realizzando per conto di questi le predette attività di committenza ausiliarie consentite anche a prestatori di servizi “esterni”, divenendo affidataria di tale servizio tramite apposita gara.
Viceversa, l’attività di cui, secondo l’Autorità, ASMEL non può essere affidataria è quella relativa alla “gestione delle procedure di appalto in nome e per conto della stazione appaltante interessata” (di cui all’art. 3, comma 1, lett. m, punto 4 del Codice), in quanto delegabile soltanto a Centrali di committenza, tra le quali, come si è osservato, non può figurare ASMEL.
In conclusione, l’ANAC – rilevati gli aspetti sopra illustrati, nonché altri vizi, strettamente attinenti, però, alla specifica procedura di gara – ha assegnato alla Stazione appaltante 20 giorni per poter eliminare le criticità riscontrate.
In mancanza, l’Autorità si è riservata di impugnare il bando di fronte al TAR competente, in attuazione dello specifico potere attribuitole dall’art. 211, comma 1 bis, del Codice dei contratti pubblici.
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