Non è importante, sostiene la Corte, che si tratti di ville o appartamenti in condominio. Ciò che rileva sono infatti i metri quadri.
In base al DM 2 giugno 1969, infatti, ci sono una serie di condizioni che rendono un immobile di lusso: la tipologia di villa o villetta in città, la presenza di un parco o grande giardino, la presenza di un campo da tennis con sottofondo drenato di superficie non inferiore a 650 metri quadri o di una piscina di almeno 80 metri quadri, la presenza di pertinenze, la superficie utile complessiva superiore a 240 metri quadri, il costo elevato del terreno.
Solo le abitazioni che non rientrano in questa casistica possono accedere alle agevolazioni riconosciute alle prime case, cioè pagamento di imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura ridotta in caso di compravendita ed esenzione dall’Imu.
I giudici si sono pronunciati sul caso di un contenzioso, sorto durante la compravendita di un immobile situato in un condominio. All’atto era stata applicata l’imposta di registro al 2% e le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa. Non era inoltre stata pagata l’Iva.
L’Agenzia delle Entrate aveva però considerato errata l’applicazione di queste imposte. Secondo il Fisco, dato che la superficie dell’appartamento era superiore a 240 metri quadri, doveva essere classificato tra gli immobili di lusso.
A questa tipologia di immobili non possono essere applicate le agevolazioni normalmente riconosciute alle prime case e le imposte devono essere calcolate in base al valore dell’immobile.
Sulla base di quanto previsto dal DM 2 giugno 1969, la Cassazione ha dato ragione all’Agenzia delle Entrate e ha revocato le agevolazioni.